Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/154

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— I testimoni erano il frate e Pancraziu; questo ha già chiacchierato. Ebbene, senti, Mikaleddu mio, ti ho chiamato e ti avverto perchè ti voglio bene e credo che, in mezzo al dolore, questa notizia possa farti piacere. Mikaleddu mio, ebbene... pare che il vecchio lasci tutta la sua roba a Vittoria...

Mikali s’aspettava ben altro; e la collera che l’erede non fosse lui gli fece perdere la calma: gravò le mani sugli omeri della donna quasi volesse schiacciarla e soltanto le parole dolci di lei lo richiamarono alla speranza.

— Ebbene, che c’è? Tuo o suo è lo stesso. Non siete la stessa cosa? Non darti pensiero se oggi ella non ti vuol vedere: domani ti vorrà più bene e ti correrà appresso. Come non correre appresso a un giovane come te, che ha tutte le qualità? Se tu domani non guardassi più Vittoria, ebbene, sai cosa ti dico? ella ne morrebbe. Ma tu non guarderai altra donna, tu, vero, Mikà? Per l’anima mia, tu sei di Vittoria, mettilo bene in mente, Mikà, sei suo!

E gli afferrava le falde del cappotto quasi per convincersi di avere anche lei parte nel possesso.

— Hai inteso, Mikà? Sei suo.

— So il mio dovere! — disse egli allora con enfasi. — Se Vittoria persiste nella sua idea stolta di non vedermi, ebbene, me ne andrò lontano, nelle altre parti del mondo. Sì, così Dio mi assista, e non sentirete più mentovarmi.

— Non parlare così, da uomo senza senno. Tu resterai e tutto andrà bene. Adesso Vitto-