Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/336

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kis Zanche veniva a leggere il libro davanti alle Sante Immagini. Dirò: cristiani, sappiatelo, io non avevo coscienza, Dio mi ha aperto gli occhi, ed io voglio restituire il mal tolto, io voglio andare a lavorare onestamente, e mia moglie non vuole. Un uomo come me non deve vivere con la coscienza così come un cane che lo morde ai calcagni: non deve vivere con la roba usurpata, non deve vivere come Caino! Questo dirò e non altro. Ah, taci adesso?

Vittoria s’alzò, smarrita.

— Mikali, tu sei pazzo!

— Colpa tua! Perchè hai accettato la roba? Lo sapevi che non era tua. Se egli la lasciava a me, io... no, perdio, non l’accettavo!

Vittoria lo guardava dal basso in alto e dall’alto in basso con terrore e con disprezzo.

— Tu? Tu parli così adesso perchè ti vuoi liberare di me. Perchè non parlavi così, quando volevi rompere i muri per entrare qua dentro? Avevi fame di me, dicevi, e adesso che ti sei saziato, tiri fuori la coscienza. Cosa è la tua coscienza? Mikali, tutti i banditi, tutti gli assassini e i malfattori tirano fuori la loro coscienza per scusare i loro delitti e dicono: «ho fatto questo, ho fatto quest’altro perchè la coscienza me lo imponeva!» Sì, tirano fuori la coscienza come la loro borsa, per pagare i loro debiti. L’uomo onesto non parla mai della sua coscienza! — disse come in delirio, come se qualcuno le suggerisse le parole: e sentiva anche lei le spalle bagnate di sudore.

— Anche tu, — proseguì, mentre Mikali la