Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/96

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— Mi vedi? Non sembro uno sposo?

Andrea guardò e pensò a Mikali.

— Sì, — disse annaspando la parete con le mani convulse — voi state meglio di me... Io sto male, — aggiunse abbassando la voce — e voi lo vedete. Ma è tempo di finirla...

— Che hai? — disse il vecchio sorpreso; ma subito parve ricordarsi e sorrise come fra sè e tornò a sedersi. — Ah, ah! sempre la stessa storia.

— Padre!

— Mi stupiva, anzi, che tu non avessi ancora ricominciato.

— Padre! È l’ultima volta che ve ne parlo.

Ma il viso del padre s’era fatto duro e grigio come di granito.

— L’ultima volta? Meglio.

— Però ascoltami. Io non posso più vivere così. Non posso più vivere così. Ricordatevi queste mie parole.

Si guardarono. E Bakis Zanche vide che suo figlio s’era invecchiato, dal giorno prima, come dopo anni ed anni di angoscia: tuttavia rimase fermo, con le mani appoggiate una sull’altra al pomo del bastone, il viso duro inesorabile. Solo domandò con voce mutata, grave e calma:

— Che è accaduto di nuovo?

Andrea conosceva quel viso, conosceva quella voce; e non sperava nulla, ma gli pareva di essere sospeso sopra un abisso, aggrappato a una sporgenza di roccia: bisognava tentare di salvarsi, pure con la certezza spaventosa che ogni sforzo era vano.