Pagina:Deledda - Le tentazioni.djvu/268

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262 g. deledda


menti il cane si chetava, ma poscia ritornava a urlare con più forza.

— Esso mi chiama, — pensava zio Sidru, — che cosa diamine accade lassù? Cosa fa quel pezzente, quel cacciatore di cornacchie?

Si mise a correre: il vento gli sferzava le spalle, il fianco, i capelli; il cuore cominciò a battergli forte. Arrivò ansando all’ovile. L’ovile era vuoto, i porci scomparsi, scomparso Boele. Solo il cane, solo gli urli rauchi e rabbiosi del cane, animavano la buia solitudine.

Zio Sidru si morse le dita, s’aggirò intorno come un forsennato, gemendo e parlando fra sè.

— Egli mi ha derubato, egli mi ha assassinato. Aveva gli occhi brillanti, il volto rosso. Egli pensava da molto tempo a derubarmi, a rovinarmi. L’infame immondezza! Ha preso questa via, è partito appena mi sono allontanato, ed ora è lontano, lontano assai, il cacciatore di cornacchie! Egli venderà i miei porci, egli beverà il mio lavoro, il mio sangue! Egli? Oh, prima gli cascheranno gli occhi. Io t’inseguirò, ti taglierò la via, ti metterò sette palle nel cuore, pezzente ladro!

Neanche per un momento, venne a zio Sidru