Pagina:Deledda - Marianna Sirca, 1915.djvu/125

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sollevò il viso e parve volesse rispondere con violenza; tosto però si ricompose e con l’ago tracciò sul cuoio alcune linee, come disegni di strade e di viottoli.

Durante la notte fu inquieto. Costantino lo sentì agitarsi, alzarsi, uscire e rientrare; anche lui non dormiva, ma non osava più parlare perchè in fondo aveva anche paura del compagno, quando lo vedeva in quello stato, e lo sentiva diverso dal solito, non più il Simone buono di tutti i giorni, ma come ossesso, posseduto dal demonio che gli lavorava dentro. Allora era meglio lasciarlo quieto, abbandonarlo a sè stesso e al suo male: Dio non lo avrebbe abbandonato.

E Costantino pregava, col cavo della mano sopra le reliquie che gli pungevano il petto come un cilicio. All’alba sentì il compagno acquetarsi e anche lui si addormentò. Ma non tardò a svegliarlo il rumore sordo e lontano e poi sempre più fragoroso di un temporale che scoppiava d’improvviso nell’alba tragica. Non pioveva ancora, ma dall’apertura della grotta si vedeva il cielo basso, livido, come decompo-