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— Lo so, — disse l’altra cou tristezza. — Ma che colpa ne ho io?
Regina la guardò, mentre ratteneva il respiro per potersi allacciare la gonna troppo stretta. Che voleva dire Gabrie? Avevano le sue parole un significato?
— Quanti anni hai?
— Perchè? Venti. Perchè?
— Proprio, proprio?
— Proprio. Perchè dovrei nasconderli? Tanto io non troverò mai marito!...
— No, credevo ne avessi di meno, — disse Regina. — Non assumere quell’accento patetico, ora! Sei antipatica lo stesso.
— Lo so. Che colpa ne ho io?
— Quando pubblicherai il tuo primo romanzo?
— Prima di quanto tu creda, — disse Gabrie, animandosi e tossendo forte.
— Metterai il mio tipo? — proseguì Regina, incipriandosi dispettosamente. La polvere bianca andava a velare persino lo specchio. Regina pensava:
— Gabrie deve trovarmi mutata a suo riguardo e ne indovina la ragione.
E sentiva d’esser cattiva, e s’indispettiva contro sè stessa che voleva e non sapeva dominarsi.
Ma Gabrie tossiva e non le rispose oltre. Uscirono assieme.
— Dove vai? — chiese Regina.
— A casa, a studiare.
— Vieni con me, ci sarà anche là da studiare, per una futura scrittrice. Figurati un salotto, con dieci persone mortalmente nemiche