Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/92

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melo, Regina, Regina? — le chiese con dolcezza e con angoscia.

— Non l’ho con te! — ella disse, nascondendogli il viso sul petto. — L’ho con me stessa... non so perchè! Non so vincere il passato... la nostalgia... ed ho paura dell’avvenire...

Anch’egli provò un misterioso senso di paura.

— Perchè hai paura dell’avvenire?

— Perchè siamo poveri... e Roma è orribile pei poveri...

— No, non siamo poveri, Regina! — egli esclamò, sempre più spaventato. — Eppoi, non ci amiamo?

— Amare... vegetare! — ella disse. — Non basta, non basta!

— Ma tu lo sapevi!

— Lo sapevo e lo so. E l’ho con me stessa che non so vincere l’avversione che la nostra vita borghese mi desta.

— Ma lassù, dopo tutto, che vita facevi?

— Ah, Antonio; sognavo!

Antonio capì tutto lo strazio di questo grido, e cercò di sopire per il momento il male di lei, somministrandole, come a certi malati, un calmante innocuo.

— Senti, — le disse, — è la nostalgia che ti opprime. Vedrai che col tempo ti abituerai a tutto. Sì, la nostra vita è meschina; ma credi tu che i ricchi sieno felici?

— Ma non è la ricchezza che io vorrei!

— Ma che cosa dunque? Sono forse volgare io? Sono stupido? E dopo tutto è con me che tu devi vivere! Sii ragionevole. Ti formerai l’ambiente che vorrai. Intanto, per guarire dalla nostalgia, puoi sempre che vuoi andare al tuo paese.