Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/361

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atto terzo 351


Pedante. Aprite al gazofilazio delle dottrine.

Tedesco. Andare alle forche, parlare oneste!

Pedante. Aprite le valve ad un grand’uomo.

Tedesco. Nostre ostelerie non capire la barba d’un grande omme.

Pedante. Ho una rabbia exardescente che mi bolle nell’arterie.

Tedesco. Volere aprire mie porte con l’artellerie?

Pedante. Infringerò i cardini e farò patefacere le valve.

Lardone. Non battete piú. Non udite che cala per le scale?

Tedesco. Ecco aperte. Dove stare quel grande omme?

Pedante. Io son quel grande uomo.

Tedesco. Tu stare picciolette. Tu stare quel Tutto Merda Stronze de patriarche?

Pedante. Ti ho detto il prenome, nome, cognome e officio. «Tito» è il prenome, «Melio» il nome, «Strozzi» il cognome, «gimnasiarca» l’officio; e se non son grande di corpo, son grande nella dottrina e la rettorica.

Tedesco. Non stare bene, non avere bisogne de’ rottori.

Pedante. Datemi la mia sobole...

Tedesco. Qua non avere né sorbole né nespole, ...

Pedante. ... insieme con la balia.

Tedesco. ... né ci stare bálice né stivale.

Pedante. Nil aliud volo.

Tedesco. Dicere che volo e tu stare fermo.

Lardone. Tacete se volete, e lasciate parlare a me, corpo del mondo! parlate con gli osti come se parlaste con i scolari. Diteci, oste, avete in questa vostra osteria una donzella con una vecchia, che abbiamo lasciato qui, quando siamo tornati a dietro a portar l’altre robbe?

Tedesco. Nelle ostelerie non stare putte, vecchie, né merdate. Andate a fare i fatti vostri.

Lardone. Almeno dateci alloggiamento, ché a quest’ora non abbiamo dove a dar di capo.

Tedesco. Alla fé, non capere altre gente: tutto star pieno de passaggieri.