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atto quarto 371

SCENA VIII.

Altilia, Lima, Pedante, Limoforo, Antifilo.

Altilia. O caro mio padre, come m’avete abbandonata cosí sola e con tanto mio poco onore? ché, se non avesse avuta la mia balia meco, m’avreste trovata morta di dispiacere.

Pedante. Ecco che non m’ave abbandonata l’opifera speme, che giá era per essalar l’anima! Tanto timor m’avea invaso d’averti smarrita che stimava mai piú vederti; or possedo quanto l’animo mio ha concupito.

Lima. Senza cena e senza sonno non abbiam mai chiuso occhi per timore.

Pedante. Limoforo, secondate a favorirmi, che «melius est non incipere, quam ab vicepto turpiter desistere».

Limoforo. Voi entrate in casa mia con le donne e riposatevi, mentre noi andremo attorno col capitano a prender Giacomino che, secondo m’ha referito Lardone, egli è stato l’autore dello strattagemma.

Antifilo. Ed io restarò in casa a far compagnia alle donne.

Limoforo. Tu vieni meco, ché il maestro ara cura di loro: che come aremo Giacomino in Vicaria, cercheremo come passò il fatto e, trovatolo colpevole, cercheremo il modo come le sia restituito l’onor suo.

Antifilo. Ma bisogna si facci il tutto con prestezza, ché Cappio con un’altra nuova invenzione non ce la ritoglia dalle mani.

Limoforo. Andiamo.

Antifilo. Io in tantoaggiaccio e ardo: aggiaccio per la tema e ardo per la speranza.

Pedante. Ite bonis avibus. Figlia, entriamo in casa.