Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/125

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atto primo 113

la guata e come la tien stretta! L’avea vestito da donna per tenerlo ristretto sotto le leggi di donna, ma l’abito non fa l’uomo: ha un spirito — che Iddio lo dica per me — che non può capirlo l’angustia di quella donna; non ha altro di donna che l’imperfezione di correr col suo desiderio, e avengane quel che si voglia.

SCENA V.

Lidia innamorata, Amasio, Balia di Lidia.

Lidia. Siché avete pur inteso, Amasia, mia carissima sorella, dalla mia balia l’ostinata ostinazione di questo crudel di Cintio, cui né servir lungo né la gran conosciuta fede a mille segni han potuto tanto rammorbidire, che d’una finta parola mi fusse stato cortese e liberale. E’ non m’uccide per privarmi d’una giocondissima morte; né all’incontro, perché m’usi tanta impietá, scema in me punto l’infinito amor che gli porto. O Lidia, odiata da tutti e da te stessa!

Amasio. Lidia mia carissima, voi sapete giá che voglio dirvi.

Lidia. Lo so e mi rincresce saperlo: che l’abandoni affatto, eh?

Amasio. Non è peggior cosa al mondo, vita mia, che pascere il desiderio di speranze vane e di vani consigli; però vi dico alla libera che la piú lodevole cosa che potesse mai fare saria liberarvi da cosí fatto pensiero e far una ferma deliberazione di lasciar d’amarlo; e sará meglio sentir una morte in lasciarlo che patirne ben mille il giorno per seguitarlo.

Lidia. Ahi! che bisognarebbe privarmi prima della vita, bisognarebbe che non conoscessi lo splendore della sua bellezza se volessi arrestarmi d’amarlo.

Amasio. Ed io vorrei che piú tosto opponeste il giudicio e la ragione in considerar che tanto tempo l’avete servito piú dell’istessa servitú senza esser stata giamai con un sol piacevol atto guiderdonata, e non pensar a quella bellezza ch’è sol bella per chi è pietosa; ché per l’amor che vi porto e che conosco che portate a me, pato le medesime passioni che patite voi.