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162 la cintia


Pedofilo. (Non lo vuol dir di bocca sua).

Erasto. Vo’ che l’accerti in presenza di suo padre.

Balia. Lo dissi, è vero.

Erasto. Che cosa dicesti?

Balia. Quello che avete detto voi.

Erasto. Non abbiam fatto un traghetto nel muro divisorio fra l’uno e l’altro, per il quale è passata ogni volta ch’è venuta a giacer meco?

Balia. Cosí come voi dite.

Pedofilo. O Iddio, che intendo!

Erasto. È piú di quello che avete inteso? — Dimmi, non è ella di me pregna e omai è sul mese del partorire?

Balia. Quanto dite è cosí.

Pedofilo. Non ti vergogni tu, feminaccia del diavolo, con la tua falsa testimonianza tôr l’onore e la fama a mia figliuola?

Balia. Mi parto, ho da compir quel mio negozio.

Erasto. Fermati un altro poco. — E la notte passata non è giaciuta meco dalle due ore insino all’alba?

Balia. Vero vero.

Pedofilo. Falso, arcifalso, falsissimo, e ne menti centomila volte per la gola, vecchia falsa, strega, ruffiana! Mira qua se tra noi v’è questo vicolo in mezo: in qual muro avete voi fatto il traghetto? Se dalle due ore di notte ha dormito in mia camera insino a giorno, come fu in braccio di costui? Come ardisci tu dir che sia pregna, se il suo ventre è piú ritirato in dentro che non è il mio?

Balia. Adio adio, signori.

Pedofilo. Mira che testimoni! Ma per mostrarvi che quanto dite di mia figlia è tutto falso, son uomo di farla calar qua giú e che tu veggia con gli occhi propri che non è pregna.

Erasto. Di grazia, fatela calar qua giú, ché farò ch’ella confessi il tutto in vostra presenza; ché giá non è piú tempo di tenersi nascosto il fatto.

Pedofilo. O di casa, fate che cali qua giú Amasia per cosa che importi assai. — Che pregne? che sposi? che traghetti? imparate di grazia ad esser piú continenti nel parlare.