Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/177

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atto quarto 165


Erasto. Non fate male a voi né al mio figliuolo. Deh, per amor di Dio, non siate cosí crudele che vogliate uccidere ad un tempo il padre e il figlio!

Amasio. O Dio, che ostinato uomo è costui! e quando stimo che cominci a riconoscersi a poco a poco, io lo veggio indurito piú che mai.

Pedofilo. Io son stato cheto insino adesso per veder dove avea a parar la favola. Ella si ha chiarito del tutto: io dubito che non siate stato ingannato da alcuno.

Erasto. Io non sono stato ingannato se non da lei nell’amor suo; percioché io stimava che mi amasse come amava io lei e come suo sposo, ma veggio che è nemica del suo sposo e di se stessa.

Pedofilo. E pur lá con la moglie. La tua perfidia mi condurrá oggi a manifestarvi cosa che da che sono in Napoli non non ho voluto manifestare.

Erasto. Di grazia, ditela e togliete me e voi ad un tratto di fastidio, perch’io in una cosí fatta pertinacia sarei per perder la vita e l’onore, per non dir l’anima ancora.

Pedofilo. Son rissoluto di dirla. — Come hai voluto tu impregnar costui, s’è piú maschio che tu non sei? Dubiti che non sia di razza del lepre, che è maschio e femina, e che impregni altri e ch’ella resti impregnata?

Erasto. Come maschio? non l’ho io avuta in braccio cinquanta volte?

Pedofilo. Io per non rompermi con te tutto oggi il capo, avendoti manifestato quello che importa piú, vo’ manifestarti quello che importa meno. — Amasio, va’ dentro insieme con lui e fagli conoscere se sei femina o maschio.

Amasio. E mi comandate cosí, padre?

Pedofilo. Cosí ti comando io.

Amasio. Venite dentro.

Erasto. Volentieri.

Pedofilo. (Io mi fo le maggior meraviglie di costui che abbi mai fatto di cosa alcuna in mia vita: che abbia ripieno tutto Napoli c’ha impregnata mia figlia e che sieno sposati di nascosto,