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348 lo astrologo

SCENA VI.

Bevilona cortigiana, Vignarolo.

Bevilona. O vita, o contento, o metá dell’anima mia! Signor Guglielmo, che siate il bentornato per mille volte!

Vignarolo. Con chi ragionate, bella giovane?

Bevilona. Con il signor padrone della mia persona, della mia vita, d’ogni mio bene!

Vignarolo. Che ho io a far teco?

Bevilona. Quel che a voi piace di fare; e se mi comandate che vi faccia un tantino di piacere, ve ne farò un tantone.

Vignarolo. (Costei deve essere qualche mercadantessa che tiene fondaco aperto delle sue mercanzie. È qualche innamorata di Guglielmo: poiché gli rassembro Guglielmo, mi prende per scambio. Vo’ entrare con lei: che ci posso perdere? le comprarò una collazionetta o qualche cosellina. Ho fatto error a dire che non la conosceva: l’emendarò come posso). Signora mia, ho voluto cosí un poco scherzar con voi, per vedere se v’eravate smenticata di me per la mia partenza.

Bevilona. Io smenticarmi di voi, che dopo la vostra partenza sète restato piú vivo nell’anima mia che non ci era essa stessa? né per nuova della vostra morte si poté smorzar giamai una di quelle faville che s’accesero per man di Amore nel mio petto?

Vignarolo. Ed io per amor vostro son stato veramente molto travagliato di fantasia. Son gionto ora in Napoli, e prima che andasse a casa mia, m’era aviato alla vostra. Donque, avete marito?

Bevilona. E voi non lo sapete? quel bravaccio tanto vostro amico.

Vignarolo. Sí sí, lo conosco bene; e se tornasse fratanto?

Bevilona. Come state cosí rispettevole? Non vi ho visto mai cosí tiepido come ora. Entrate.