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252 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

testimoni. Solo il Leopardi si attentò di proclamarsi nemico anche della donna in quei noti versi:

. . . . . . . Non cape in quelle
Anguste fronti egual concetto. E male
Al vivo sfolgorar di quegli sguardi
Spera l'uomo ingannato, e mal richiede
Sensi profondi, sconosciuti e molto
Più che virili, in chi dell'uomo al tutto
Da natura è minor. Che, se più molli
E più tenui le membra, essa la mente
Men capace e men forte anco riceve1.

Ma lo stesso poeta aveva pur riconosciuto, alcuni versi più sopra2, che alla più alta sfera dell'intellettual valore «sorge di rado il femminile ingegno». E in altro carme egli ebbe ad inscrivere questi altri versi pur notissimi:

Donne, da voi non poco
La patria aspetta . . . . . . . .
. . . . . . A senno vostro il saggio
E il forte adopra e pensa, e quanto il giorno
Col divo carro accerchia, a voi s’inchina.
Ragion di nostra etade
Io chieggo a voi . . . . . .3

Nè meno comune agli scrittori e alle scrittrici italiane del nostro secolo intorno al femminil sesso, è quell'altra persuasione che le doti e le attitudini morali e intellettuali dei due sessi non siano identiche, epperò la missione sociale dell'uomo e della donna non possa esser la stessa: che della donna in particolare sia propria la missione famigliare, prima e sopra d’ogni altra. Insegnava Romagnosi4 che «nelle donne prevale il cuore, negli uomini la mente, e con questa economia la natura ha disposto che il consiglio sia unito alla

  1. Leopardi, Aspasia (V. opere ed. Le Monnier, vol. I, p. 138).
  2. Ib.
  3. Ib., Nelle nozze della sorella Paolina.
  4. Giurisprudenza teorica (Vedi opere di G. D. Romagnosi, pubblicate da A. De Giorgi, Milano 1845, vol. II, parte III, p. 1460).