Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/193

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libro settimo 185

non fece mai menzione in nessun luogo de’ suoi poemi, e nè anche dell’istmo che sta nel mezzo fra l’Eritreo ed il mar d’Egitto, nè dei paesi dell’Arabia e dell’Etiopia, o di quelli lungo l’Oceano; se pure non dobbiamo aderire a Zenone il filosofo che in quel verso d’Omero: Venni agli Etiopi, ai Sidonii ed agli Erembj, invece di questi ultimi vuol che si legga agli Arabi. Nè dobbiamo per questo meravigliarci di Omero; quando anche poeti più recenti di lui ignorarono molte cose o le meschiarono a prodigi. Così fecero Esiodo, parlando degli Emicini, dei Megalocefali e dei Pigmei; Alemano menzionando gli Steganopodi; Eschilo i Cinocefali, gli Sternoftalmi e i Monommati; ed altri mille che trovansi accennati nel suo Prometeo.»

Dopo di ciò si converte poi Apollodoro agli storici che parlarono delle montagne Rifee, del monte Ogigio, dell’abitazione delle Gorgoni e delle Esperidi. Poi cita la terra Meropide di Teopompo, la città Cimmeride d’Ecateo, il territorio Pancheio d’Evemero, e le pietre di fiume che Aristotele diceva essere composte di sabbia, e disciogliersi nelle piogge; e quella città di Libia menzionata dallo stesso filosofo, la quale è sacra a Bacco, e non può chi se ne dilunga trovarla una seconda volta. Si volge poi anche contro coloro i quali affermano che secondo Omero il viaggio di Ulisse fu intorno alla Sicilia. «Perocchè (dice) se pur fosse vero che quell’eroe avesse viaggiato in que’ luoghi dovrebbe dirsi nondimeno che il poeta per amore del meraviglioso trasportò invece la scena nell’Oceano: nel che agli al-