Pagina:Delle Donne - Burocrazia e fisco a Napoli, 2012.djvu/43

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Introduzione


È evidente che ha ripreso frettolosamente il brano da altri, forse dal Toppi 411, altrimenti non avrebbe potuto sostenere che si trattava di un tribunale «eretto dalla Sommaria», ma seguendo più da vicino il dettato di Alfonso, avrebbe dovuto ammettere che questi riordinando la Sommaria non faceva altro che riprendere modi e consuetudini dei suoi predecessori angioini, Ladislao e Giovanna II.

Il Giannone ritornò nei libri successivi sull’argomento, correggendo, in particolare, l’errore commesso dal di Costanzo, per correntezza e frettolosità d’indagine, sull’identità del primo luogotenente. Ma di ciò a suo tempo.

Dopo Angelo di Costanzo, trattò paratamente della Sommaria Annibale Moles, in un’opera dedicata alle Decisiones supremi tribunalis Regiae Camerae Summariae, composta negli ultimi decenni del XVI secolo, ma pubblicata solo nel 1670, a cura del pronipote Francesco Moles 422.

Annibale Moles, praeses Regiae Camerae, nonché membro del Supremo Consiglio d’Italia, consigliere a latere del re Filippo II e Reggente della Cancelleria del Regno di Napoli, aveva libero accesso ai documenti. Legato al suo lavoro, non si contentò di definire i limiti giuridici della Camera della Sommaria, ma volle tracciarne, sia pure a rapide linee, la storia, rifacendosi alle origini. Per i tempi anteriori a quelli angioini, non ritrovava documenti e memorie negli archivi; si limitò quindi a dire che i primi re del regno ebbero dei questori, che esigessero le entrate relative alle vendite o alla locazione dei beni e diritti regali, ovvero all’esazione delle entrate connesse a multe per contravvenzione di norme regie. Quaestores, Secreti Dohanae (ai tempi di re Ruggiero), Camerarii (ai tempi di re Guglielmo), nominavano anche i Bajuli, che oltre ad essere ufficiali esattori provvedevano all’amministrazione della giustizia nelle cause civili e miste, eccettuate quelle feudali. Il Moles per queste notizie si rifaceva alle Constitutiones Melfitanae di Federico II, che aveva raccolto, con aggiunte e innovazioni, la normativa dei re normanni suoi predecessori.

Secondo le sue affermazioni, dei Magistri Rationales Magnae Curiae si ha menzione subito nei registri dell’archivio Regiae Siclae, dal primo di re Carlo I, dell’anno 1267, nei fogli 101 e 173 a tergo, nonché nel secondo dell’anno 1268, fogli 23 e 135 433. Il loro ufficio era di amministrare il regio patrimonio e di controllare l’operato di tutti gli Officiales di nomina regia, come si evince da un privilegio concesso da Giovanna I nel 1350 e riportato integralmente dal Moles. Risulta che i Maestri Razionali avevano anche il compito di dirimere le contese con i mercanti e tra i mercanti, di amministrare attraverso i loro agenti la giustizia civile e mista, di vendere affidare o affittare gli uffici del Regno, compiti tutti, in seguito, rimessi al controllo della Camera della Sommaria.

  1. Toppi, De origine, I, p. 150.
  2. Cfr. l’edizione, Neapoli 1718, Tipis et Sumptibus Michaelis Aloysii Mutio.
  3. Così il Moles, Decisiones, p. 193.

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