Pagina:Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse.djvu/375

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Volendosi ora discutere il complesso dell’ideata rete, la quale, tranne per quanto concèrne alla linea da Bologna per le valli del Reno, della Lima e del Serchio, ed a quella che per le Maremme toscane andrebbe a Civitavecchia ed a Roma, è all’incirca quella paratamente da noi esposta ne, singoli capitoli che precedono, ci sembrano spedienti i seguenti riflessi intornò ai divisamenti del chiarissimo autore.

1.° Ammessa per molto esatta la condizione materiale de’ luoghi da esso descritta, è riconosciuti in gran parte per veri gli ostacoli che si frappongono alla direzione longitudinale di due linee Mediterranea ed Adriatica, e quella delle trasversali che le congiungano, non possiamo interamente dividere l’opinione del signor Monti quando preferisce di cercare nella da esso chiamata criniera de’monti i varchi da natura agevolati, anziché contare sugli sforzi dell’arte ad aprirli.

Riconosciamo che l’Appennino presenta serie difficoltà al sistema dei tagli, delle gallerie o dei fori che lo attraversino.

Ammettiamo che gli esempi accennati degli sforzi meccanici fatti in America non sono in generale interamente tra noi applicabili.

Ma quanto al primo punto, quello dei tagli e gallerie, non crediamo tra noi impossibile di superare l’ostacolo.

I piani inclinati sono per certo costosissimi; presentano l’inconveniente del maggior tempo occorrente ad ascenderli, e senza dubbio, dovunque possono scansarsi, lo saranno utilmente.

Ciò però non toglie, per nostro avviso, che s’abbiano a con-


    il quale appiè di Boiano, di Castropignano, e dei Musani, raggiungerebbe Guardia-Alfìera e Termoli. » Queste mie idee intorno al sistema generale di rete italica, erano di già date alle stampe, quando, con vero sentimento di ammirazione, lessi la bella memoria del Signor Marcantonio Sanfermo intitolata: Sulle linee ferrate più convenienti all’alta Italia ed all’Italia centrale, pubblicata il 5 aprile 1845 in Padova (Giornale Euganeo, anno II, quaderno III). — Molte idee di questo dottissimo scrittore combinano con quelle del presente mio scritto. Io non mi sono piegato a correggere qualche disacordo, poiché parmi che non corra a me l’obbligo delle correzioni».