Pagina:Diario del principe Agostino Chigi Albani I.djvu/25

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in Livorno; il Governo fu sollecito a prendere opportuni ed energici provvedimenti, mettendo i cancelli a Ponte Molle e formando un lazzaretto nella vigna di Papa Giulio, molto più impressionato dalle nuove che l’infezione si andasse propagando anche in Pisa. Le notizie giungevano in Roma ogni giorno più tristi ed il Segretario di Stato si vide costretto ad emanare un secondo editto, contenente molte misure riguardo alle persone ed alle merci, provenienti dalla Toscana; e, davanti all’imminenza del pericolo, si dovè ricorrere all’istituzione della quarantena nel suddetto lazzaretto, ma, come al solito, anche questa volta si credè prendere a riso l’editto ministeriale.

Il giorno 19 novembre, provenienti dalla Toscana, giungevano in Roma l’avvocato Ferretti e l’ab. Alborghini, aiutante di studio di Monsignor Serlupi; questi, per sottrarsi alle misure di sanità, si occultarono in una vigna a Grottaferrata, credendo anche in questa occasione di poter ridere delle leggi e degli editti, ma l’affare prese questa volta una brutta piega. Colà stesso furono arrestati dalla truppa e condotti loro malgrado al lazzaretto, mentre, con sollecitudine degna di miglior causa, la Consulta si affrettò ad istruire contro di loro un regolare processo; a dieci giorni di distanza così troviamo scritto nel nostro Diario: — 29 novembre — «Questa mattina è andata in Consulta la causa dei due avvocati Ferretti ed Alborghini, come rei di trasgressione delle leggi di sanità, e detenuti nel Lazzaretto di Papa Giulio. La risoluzione non si è ancora saputa. — 30 novembre — Si è resa pubblica la sentenza contro Ferretti ed Alborghini emanata nella congregazione di ieri. Essa porta la pena all’ultimo supplicio per ambedue, ma coll’aggiunta di un Consulendum pro minoratione poenae, in virtù di cui è stato commutato in quella della fortezza a vita, e della galera a vita per il servitore».

Nè si arrestò a questo la collera del Governo di Roma: il tre dicembre faceva carcerare il maestro di casa del duca Cesarini, per nome Troili, ed il suo figlio, come rei di aver dato ricetto nella loro vigna all’avvocato Ferretti ed all’ab. Alborghini già condannati. — Tuttavia con quella stessa facilità con cui questi gingilli e zuccherini di condanne a morte, o all’ergastolo a vita si regalavano, con quella stessa facilità si modificavano o