Pagina:Diodati - I Salmi di David, Daelli, 1864.djvu/281

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salmo cxxxvii. 261

     Le canzon del Signor, nel maladetto
     Terren ch’ei tanto abborre?
     Ed a popol straniero
     Sollazzo dar profano e lusinghiero?
6          Ma non, se d’empi scherni
     Di lingue impure sento l’alma schiva,
     La memoria sarà però men viva,
     Ne’ mie’ pensieri interni,
     Di te, Solima cara,
     Ne’ tuo’ pregi a sonar la destra avara.
7          Che se giammai sepolta
     Appo me sei in neghittoso oblio,
     Di stretti nodi, nel palato rio,
     Siemi la lingua involta,
     Se d’ogni gioia in cima
     Non pongo te, Ierusalem, la prima.
8          Or, ne la mente serba
     D’Edom, Signor, le furiose voci,
     Che di Solima al dì de’ casi atroci,
     A la ruina acerba
     Inanimava insano:
     Diroccate, gridando, infin al piano.
9          Ma tu Babel audace,
     Ch’al ciel innalzi il corno trionfante,
     Ad or ad or t’assale fiammeggiante
     Disertatrice face.
     O felice ventura
     Di chi ti renderà colma misura!
10          A cui del crudo scempio,
     Ch’or in noi di sfogar sì ti diletta,
     A sorte toccherà far la vendetta:
     E con spietato esempio,
     Del sangue de’ tuoi figli,
     Sbattuti a’ sassi gli farà vermigli.