Pagina:Discorso intorno ad Archimede.djvu/59

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que, che contemplava altissime cose, e preso era dalla dolcezza di queste; quanto più si stendea nel pensiero, tanto meno si affaccendava alla cura del corpo. Così e non altrimenti possono gli scienziati dalla terra inalzarsi, pigliare le vie sublimi del cielo, le fame eterne acquistare. Era di fatto l’avidità del sapere, e l’ardore della gloria, che reggea le sue forze, aguzzava il suo intelletto, sostenea la sua attenzione. Nè i suoi desiderj andarono falliti: nome e fama chiarissima ebbe allora presso di tutti, e la posterità, che non suole ingannarsi nella stima degli uomini, che già furono, lo riguarda come chi tra gli antichi, oltre di ogni altro geometra, fu presto e copioso nell’inventare. Sono, egli è vero, famosi i nomi di Euclide e di Apollonio, che ambidue tra’ greci alto salirono nelle cose geometriche; ma costoro, sebbene avessero accresciuto la scienza colle proprie speculazioni, pure intenti furono a mettere insieme quelle verità, ch’eran conosciute, e quà e là si trovavan disperse: mostrarono ambidue, in ciò fare, singolare intendimento e perizia delle cose matematiche, e