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bustum nati, detto di Tereo, il quale avea mangiato suo figlio, Ov.

Buthrōtum, i, n., o -tos, i, f. (Βουϑρωτόν e -τός), città marittima sulla costa della Tesprozia (Epiro) dirimpetto a Corcira, oggi Butrinto (in Albania sullo stretto di Corfù). — Deriv.: Buthrōtĭus, a, um (Βουϑρώτιος), butrotico; plur. sost. Buthrotii, ōrum, m., abitanti di Butroto, Butrozii.

būthy̆sĭa, ae, f. (βουϑυσία), grande e solenne sacrifizio di buoi, Suet. Ner. 12.

Buxentum, i, n. (Πυξοῦς), città della Lucania, fondata dai Messeni, più tardi colonia romana, oggi Policastro.

buxĭfĕr, fĕra, fĕrum (buxus e fero), che porta o produce bossolo, Catull. 4, 13.

buxus, i, f., e (più di rado) buxum, i, n. (πύξος), I) bosso, bossolo, busso, a) il bosso (albero), Ov. e Plin. b) legno di bosso, Plin. e Verg. II) meton. == oggetti di bosso, come il flauto, Verg.: paleo, trottola, Verg.: pettine, Ov.: tavoletta (da scrivere), Prop.

byblĭŏthēca, V. bibliotheca.

Byblis, lĭdos, acc. lĭda, f. (Βυβλίς), figlia di Mileto, s’innamora del fratello, il quale fugge il colpevole amore di lei; lo segue in Lidia, Caria, ecc., finchè cade spossata e spandendo lagrime è mutata in fonte.

Byllis, V. Bullis.

Byrsa, ae, f.(Βύρσα), cittadella di Cartagine.

Byzācĭum, ĭi, n. (Βυζάκιον anche Βυσσᾶτις), la regione occ. dell’Africa propria tra il fiume Tritone e la piccola Sirte.

Byzantĭum, ĭi, n. (Βυζάντιον), Bisanzio, oggi Costantinopoli. — Deriv.: Byzantĭus, a, um (Βυζάντιος), bizantino, plur. sost. Byzantĭi, orum, m., abitanti di Bizanzio, Bizantini.


C


1. C, c, terza lettera dell'alfabeto latino, che in orig. aveva il suono del k e quello del g (gutturale, come in gara), e rispondeva così al Γ greco (poichè la lettera G fu introdotta la prima volta nell’alfabeto romano solo nell’anno 234 av. C.); quindi le antiche lezioni LECIONES (legiones) MACISTRATOS (magistratus). — Come abbreviazione: a) == (prenome) Gajus, e rovesciato Ɔ Gaja, b) sulle tavolette con cui votavano i giudici == condemno (condanno); quindi littera tristis, opposta all’A == absolvo, detta littera salutaris, Cic. Mil. 15.

2. C, segno numerico (originato da due volte 50) == cento.

căballus, i, m. (καβάλλης), cavallo adoperato in lavori ordinari, quindi nel linquaggio popolare per cavallo in genere, Hor., Sen. ed a. — Modo proverbiale, optat ephippia bos piger, optat arare caballus, nessuno è contento del proprio stato, Hor. ep. 1, 14, 43.

Cabillōnum, i, n., città degli Edui sull’Arari nella Gallia lugdunense, oggi Châlons sur Saône.,

Căbīri, ōrum, m. (Κάβειροι), Cabiri, divinità adorate dai Pelasgi a Lemmo e Samotracia, il cui misterioso culto si estese per tutta la Grecia, e fu scoperto perfino in Fenicia e in Egitto; in org. ministri dei cosidetti grandi dei (Dei magni e potes), quindi identificati con essi e sotto il loro nome uniti ai Dioscuri, onorati come spiriti protettori, Cic. de nat. deor. 3, 58 (dov’è il sing. Cabiro patre).

căchinnātĭo, ōnis, f. (cachinno), riso strepitoso, sghignazzata, scroscio di risa sguaiato e rumoroso, Cornif. rhet. e Cic.

căchinno (non cachinnor), āvi, ātum, āre (cachinnus), ridere ad alta voce, sghignazzare, ridere in modo rumoroso e sguaiato, Cic. ed a.

căchinnus, i, m., il ridere ad alta voce, scroscio di risa, risata sguaiata e strepitosa, cachinnum tollere (alzar le risa), Cic.: effundi in cachinnos, Suet. — poet. trasl., cachinni (undarum), il rumore delle onde, Catull. 64, 273.

căco, āvi, ātum, āre, I) cacare, a) v. intr.: toto decies in anno, Catull.: in alqm, Hor. b) v. tr.: odorem, Phaedr. II) imbrattare di sterco, cacata carta, scarabocchio, col quale la carta è solo insudiciata, Catull. 36, 1 e 20.

căcŏzēlĭa, ae, f. (κακοζελία), viziosa e inetta imitazione di buoni modelli nello stile, Sen. e Quint.

căcŏzēlus, i, m., imitatore affettato nello stile, scimiotto, Suet. Vite dei Cesari Aug. 86.

căcūmen, mĭnis, n., punta, estremità superiore di una cosa, terminante in punta, spec. la vetta o sommità d’un monte, la cima d’un albero (contr. radix), I) propr.: montis, Catull. e Sen.: collis in modum metae in acutum cacumen fastigatus, Liv.: arboris, Verg. e Quint.: praeacuta (ramorum) cacumina, Caes.: cacumina clavorum (punta dei chiodi), Val. Max. II) trasl.: il colmo == la più alta meta, Lucr. 1130 ed altr.

căcūmĭno, āvi, ātum, āre (cacumen), appuntare, aguzzare, Ov. e Plin.

Cācus, i, m. (Κᾶκος), figlio di Vulcano e ladrone in Italia, ucciso da Ercole per avergli rubato i buoi.

cădāvĕr, vĕris, n. (cado), corpo caduto, cadavere, corpo morto, carogna delle bestie (per contro corpus mortuum o sempl. corpus, corpo esanime), detto di uomini, Cic. ed a.: di bestie, Verg. e Suet. — come parola ingiuriosa, carogna, ejectum e abjectum hoc c., Cic.