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116 don chisciotte.


“Dirò che la mia costante nemica ha l’anima bella al pari del corpo; che la sua indifferenza nasce da propria mia colpa, e che per mezzo dei mali a cui ci sottopone, amore mantiene in pace il suo regno.

“E in questa opinione accelerando con un duro laccio il miserando passo a cui mi ha condotto la sua indifferenza, commetterò al vento il mio corpo e la mia anima senz’alloro o palma di gloria avvenire.

“E tu che con tanta crudeltà fai evidente la cagione che mi sforza a gittar di tal modo l’abborrito mio vivere;

“Poichè questa profonda piaga del mio cuore apertamente ti mostra com’io m’offerisco lieto al tuo rigore:

“Se mai per caso tu mi giudichi degno che il chiaro cielo de’ tuoi begli occhi nella mia morte si turbi, non lasciar che ciò accada, io te ne prego; nè cerco che tu mi dia verun compenso per queste spoglie dell’anima mia.

“Anzi nel funesto momento il tuo riso faccia conoscere che tu della mia morte ti allegri. Se non che troppa semplicità il porgere a te questo consiglio, mentre so che tu ti fai gloria di accelerare il fine della mia vita.

“Sorga dunque, che già n’è tempo, dal profondo abisso Tantalo colla sua sete, sorga Sisifo coll’immane peso del suo macigno, Tizio conduca il suo avvoltojo, nè Issione qui manchi colla sua ruota, nè le cinquanta sorelle intente alla perpetua loro fatica;

“E tutti insieme riversino il loro mortale supplizio nel mio petto, e con bassa voce (se tanto s’aspetta a chi muor disperato) cantino triste esequie e dolorose a questo mio corpo, a cui sarà negato anche il mortorio.

“E il trifome custode dell’inferno con mille altre chimere e mille mostri facciano loro un doloroso accompagnamento; perocchè non mi pare che veruna altra pompa convenga meglio di questa a chi muor per amore.

“E tu, disperata canzone, non prorompere in pianto abbandonando la mia lugubre compagnia; anzi, poichè la cagione d’onde nascesti colla mia sventura aumenta la sua felicità, fa di non esser trista nemmeno nella sepoltura„.


Piacque sommamente a tutti la canzone di Grisostomo, benchè quello da cui fu letta dicesse che non gli sembrava concorde con quanto gli avevano raccontato della modestia e bontà di Marcella, mentre Grisostomo nella sua canzone si querelava di gelosie, di sospetti e di assenza, ciò che tornava a pregiudizio del buon nome