Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/425

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capitolo xxxvii. 407

saranno quind’innanzi nel mondo. — Si calmi vossignoria, mio signore, rispose Sancio, chè potrei bene essermi ingannato per quello che risguarda il cambiamento della signora principessa Micomicona; ma per quanto si appartiene alla testa del gigante, o almeno al foramento degli otri e all’essere vino rosso il creduto sangue, non mi sono, viva Dio, ingannato; perchè gli otri se ne stanno là forati presso al capezzale del suo letto, ed il vino rosso ha allagato tutta la camera: e s’ella non lo crede se ne accorgerà al friggere delle uova; voglio dire che lo vedrà quando qui il signor oste le domanderà il pagamento dei danni sofferti; e in quanto poi all’altro particolare della signora regina, non vi è certamente chi più di me si rallegri fino al cuore che essa seguiti ad esser tale, perchè ci ho la mia parte come ogn’altro. — Ora sì, o Sancio, disse don Chisciotte, che ti conosco per uno scimunito! ti perdono, e basta. — Basta d’avanzo, disse don Fernando, nè di ciò più si parli: e poichè la signora principessa vuol differire la partenza a dimani, poco restando di questa giornata, così si faccia, e passiamo intanto questa notte in buona compagnia, finchè nasca il nuovo giorno, in cui noi tutti ci faremo seguaci al signor don Chisciotte, perchè vogliamo essere testimonii delle valorose e inaudite geste che egli ha da compiere nel corso di questa impresa che ha tolta a tutto suo carico. — Quello son io che ho debito di servirvi e di accompagnarvi, rispose don Chisciotte, e molto mi è grato il favore che mi s’imparte e la buona opinione in cui mi veggo tenuto; e per certo la manterrò, o mi costerà la vita, e più ancora se più possa darsi„. Passarono allora fra don Chisciotte e don Fernando molti gentili e cortesi complimenti che vennero interrotti dall’arrivo nell’osteria di un passeggiere, il quale sembrava agli arnesi un cristiano tornato recentemente dalla terra dei Mori. Portava una casacca di panno turchino con le falde corte, con mezze maniche e senza collare; erano azzurri anche i suoi calzoni e dello stesso panno; era coperto da un berrettino bene assettato in testa, ed aveva un paio di borzacchini alla moresca, e ad armacollo una scimitarra damaschina. Lo seguitava una donna seduta sopra un giumento, vestita alla moresca, coperta con un velo che le scendeva giù dal capo, ed era attaccato ad una cuffia di brocato: aveva un giubbone in dosso che arrivava fino a terra. Era l’uomo di robusto e gradevole aspetto, dell’età di quarant’anni o poco più, brunotto di colore, con lunghe basette e con barba molto aggiustata, di maniera che se fosse stato meglio vestito si sarebbe potuto arguire che fosse personaggio di qualche importanza. Domandò entrando nella osteria, una stanza, ed essendogli stato