Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/587

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capitolo lii. 569


Lo mirò il capraio, e scorgendolo sì malvestito e di sì brutta guardatura ne fece tra sè le maraviglie, e disse al barbiere che gli era vicino: — Signore, e chi è quest’uomo di figura sì stravagante che usa di questo linguaggio? — E chi può esser egli, rispose il barbiere, se non il famosissimo don Chisciotte della Mancia, il disfacitore di ogni ingiustizia, il raddrizzatore di torti, il rifugio delle donzelle, lo spavento dei giganti, il trionfatore delle battaglie? — A vostro dire, rispose il capraio, costui si assomiglia a quelli che son descritti nei libri dei cavalieri erranti: ma io porto opinione o che voi, mio signore, burliate, o che questo gentiluomo abbia molto guasto il cervello. — Tu sì che sarai un solenne furfante, soggiunse subito don Chisciotte, tu sarai il pazzo, l’insensato, non io che ho più giudizio di quella sozza di madre che ti ha partorito„. E in ciò dire tutto infuriato e sbuffante, dato di piglio ad un pane che aveva dinanzi, lo scagliò con tanta rabbia sulla faccia al capraio che gli ammaccò tutto il naso. Egli, che non era uomo da prendersi a giuoco, vedendosi maltrattato da senno, senza riguardo alcuno o al tappeto o alla tovaglia o agli altri commensali, saltò addosso a don Chisciotte con furia, e strettogli il collo con ambe le mani, lo avrebbe sicuramente soffocato se Sancio Panza non fosse sopraggiunto in quell’istante, e assaltando il capraio di dietro alle spalle non lo avesse rovesciato sulla mensa con grande rovinio di piatti e bicchieri, e di quant’altro vi si trovava. Don Chisciotte, che si vide libero, gli si avventò contro, e il povero uomo già tutto insanguinato nel viso e pesto per le percosse di Sancio, andava carpone per ritrovare qualche coltello di tavola e fare una sanguinosa vendetta. Il canonico ed il curato si frapposero, ma il barbiere fece in modo che il capraio potè mettersi sotto don Chisciotte, sul quale diluviarono allora tanti sgrugnoni che la faccia del povero cavaliere era tutta inondata di sangue, non meno che quella del suo avversario. Scoppiavano dalle risa il canonico ed il curato1, e gli sgherri saltavano per lo contento, ed aizzavano l’uno contro l’altro come si fa dei cani quando sono alle prese. Il solo Sancio Panza vedevasi alla disperazione non potendo svincolarsi da un servitore del canonico che gl’impediva di aiutare il padrone. In fine mentre stavano tutti in festa, ad eccezione dei due combattenti che l’uno l’altro si macinavano assai, si udì un suono di tromba sì lugubre che ognuno si rivolse alla parte d’onde sembrava che il suono movesse. Quello che più degli altri ebbe a tur-

  1. Questo tratto fu biasimato a ragione come sconveniente al carattere de’ personaggi ed all’indole mite ed umana dell’autore.

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