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la stessa temerità. Ma don Chisciotte non si ritrasse, bramando che ormai saltasse giù dal carro, e venisse seco alle mani colle quali facea disegno di sbranarlo in mille pezzi. A sì alto eccesso giunse quella sua non mai vista pazzia! Ma il generoso leone, più prudente che arrogante, nulla curandosi di puerilità e di bravate, dopo avere guardato in qua, in là, come si è detto, voltò le spaile e presentò a don Chisciotte la parte deretana, e con grande quiete e tranquillità si rimise in gabbia. Vedutosi questo da don Chisciotte, comandò al lionero che gli desse delle bastonate, e lo irritasse per cavarnelo fuori di nuovo. — Oh questo non farò io, rispose il custode, chè stuzzicandolo sarei il primo sbranato: si contenti vossignoria, signor cavaliere, di ciò che ha fatto, ch’è stato un andare sopra ad ogni genere di bravura, e non voglia tentare un’altra volta la fortuna: aperta è la porta al leone, e dipende da lui l’uscire o lo starsene; ma poichè non uscì finora, non uscirà più in tutto il giorno. Rifletta vossignoria che la grandezza del suo coraggio si è a quest’ora sperimentata abbastanza, e che niun valoroso combattente, a quanto io so, fu obbligato mai a fare più che sfidare il nemico ed attenderlo in campo aperto: se il nemico non viene è sua la infamia, e chi lo aspetta ha per sè la palma della vittoria. — Hai detto la verità, rispose don Chisciotte; chiudi, amico la gabbia, e fammi testimonianza nelle forme migliori che per te si possano di quanto mi hai veduto operare; cioè come tu apristi la gabbia al leone, ed io lo stetti aspettando, ma che non è uscito fuori; come tornai ad aspettarlo, ma che tornò in gabbia volontario, e che la finì col porsi a dormire: tu hai dello bene che io non posso fare di più, e male abbiano gl’incantesimi, e Dio protegga la ragione, la verità e la vera cavalleria: chiudi, come ti ho detto, chè intanto fo segno ai fuggitivi ed agli assenti perchè tornino ed odano dalla tua bocca la mia prodezza„.

Il custode fece quanto gli comandò don Chisciotte; il quale ponendo allora sulla punta della lancia il fazzoletto con cui erasi nettato il viso per la pioggia della ricotta, cominciò a chiamare quelli che tuttavia attendevano a fuggire rivoltando di quando in quando la testa e seguitando le tracce di don Diego dal gabbano verde. Quando Sancio vide il segno del fazzoletto, disse: — Possa io essere impiccato se il mio padrone non ha vinto le belve feroci: ed ecco ch’egli ci chiama„. Si fermarono tutti, e conobbero che quegli che dava il segno era don Chisciotte; e scemata alquanto la paura, a poco a poco ritornarono e si accostarono tanto da poter udire chiaramente la sua voce. Si ravvicinarono finalmente al carro, e giunti che vi furono, disse don Chisciotte al carrettiere: — Torna,