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nostro legislatore, disse che leggiero è il suo peso e soave il suo giogo, nè ci comandò cosa che fosse impossibile eseguire. Ora, signori miei, vi sarà facile il conoscere che per le divine ed umane leggi siete obbligati a mettervi in tranquillità. — Il diavolo mi porti, disse tra sè Sancio a tal punto, se questo mio padrone non è un missionario; o se non lo è lo assomiglia come uovo ad altro uovo„. Prese un po’ di fiato don Chisciotte, e vedendo che tuttavia si manteneva il silenzio, già accignevasi a tirare innanzi il suo ragionamento, e lo avrebbe fatto se non vi si fosse interposta l’acutezza di Sancio, il quale, profittando di una breve pausa prese il padrone per mano, e così disse: — Il mio signor don Chisciotte della Mancia, che si chiamò un tempo il cavaliere dalla Trista figura, e che chiamasi adesso il cavaliere dai Leoni, è un cittadino di gran giudizio che sa di latino e di volgare quanto un baccelliere, e in ogni cosa che tratta e consiglia procede come soldato bravissimo, e tiene sulla cima delle dita tutte le leggi e le ordinanze di ciò che si chiama duello. Non si ha dunque a far altro se non quel tanto che predica; e tolgo sopra di me ogni male che potesse nascere. E poi perchè non si dovrà ascoltarlo se ha dimostrato ch’è una vera balordaggine l’entrare in valigia per causa del raglio di un asino? Io mi ricordo bene che quando ero giovane io ragliavo ogni volta che me ne venia fantasia, e non vi era chi mi togliesse la mano; e lo facevo con sì bella grazia e proprietà che appena finito il mio raglio, ragliavano tutti gli asini del paese: ma per questo non cessavo d’esser figlio dei miei genitori, ch’erano onoratissimi; e quantunque la mia virtù promovesse l’invidia di alquanti dottoroni del mio paese, io non me ne davo per inteso. Perchè si vegga che io dico la verità, aspettino e ascoltino; chè questa scienza è come quella del nuotare; imparata una volta non si scorda mai più„. E portata sul momento la mano al naso, cominciò a ragliare così sonoramente che tutte le circonvicine valli ne rimbombarono. Uno di quelli che gli stavano accanto pensò che volesse beffarsi della sua fazione, e subito alzata una grossa e lunga pertica che teneva in mano, gli diè un colpo sì terribile che il povero Sancio senza potersene in modo alcuno schermire stramazzò. Don Chisciotte, che lo vide così malconcio, andò con la lancia sopra mano ad investire l’assalitore, ma tanti furono quelli che si frapposero che non potè vendicarlo, ed accorgendosi che gli diluviava già addosso un nugolo di pietre, e ch’era minacciato da mille frecce e da non minore quantità di archibugi, voltò la briglia a Ronzinante, e a quanto galoppo potè scappò dalle mani dei nemici, raccomandandosi a Dio di tutto cuore perchè lo facesse uscire libero da tanto pericolo. Temeva ad ogni