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padrone, non con l’imbasciata di Montèsino ma a nome mio, perchè Montèsino sta sempre nella sua grotta credendo vicino, o a meglio dire, aspettando il suo disincanto, nè altro gli resta, tuttavia che la coda da scorticare. Se qualche cosa vi dee consegnare, o voi avete di che trattare con lui, io nel trarrò fuori, e lo farò arrivare dove più vi piaccia, ma per adesso finite di dare il di questa disciplina e credetemi che ridonderà a grande vostro giovamento, tanto per l’anima, atteso l’atto caritatevole che siete per eseguire, quanto pel corpo, perchè io so che siete di complessione sanguigna e non potrà recarvi nocumento il levarvi un poco di sangue. — Gl’incantatori sono forse anche medici? replicò Sancio. Orsù giacchè tutti vanno ribattendo il chiodo, sebbene non vi concorra la mia volontà, dirò che sarò contento di darmi le tremila e trecento frustate, a condizione per altro che me le darò come e quando mi verrà voglia senza che mi sia segnato limite nei giorni e nel tempo. Io procurerò di uscir del debito il più presto che per me si potrà, affinchè goda il mondo della bellezza e vaghezza della grande signora donna Dulcinea del Toboso, chè per quello che s’è veduto, tuttochè io ne pensassi diversamente, ella è bellissima. Io voglio poi un altro patto, ed è che io non possa essere obbligato a disciplinarmi a sangue, e che se mi darò qualche frustata per cacciare via le mosche mi si dovrà porre a conto; item che se sbagliassi nel numero, il signor Merlino che sa tutte le cose, ha da aver cura di contare le frustate e di dirmi o quante ne manchino o quante ne avanzino. — Dell’avanzo non occorrerà avvisare, disse Merlino, mentre compito il prescritto numero, seguirà d’improvviso il disincanto della signora Dulcinea, la quale mossa da gratitudine si recherà in traccia del buon Sancio a ringraziarlo ed anche a premiarlo per la eccellente opera che avrà compita. E perciò non occorrono scrupoli sull’avanzo, ma stare attenti al mancamento che io non ingannerò mai alcuno al mondo se bene si trattasse di un pelo della testa. — Ebbene alle mani, disse Sancio: io consento al mio malanno, e voglio dire che accetto la penitenza colle condizioni sopraccennate„. Non aveva appena Sancio terminato di proferire queste ultime parole che tornossi a sentire suoni di pifferi e di tamburi e a sparar infiniti arcobugi, e don Chisciotte, abbandonatosi al collo del suo scudiere lo baciò mille volte in fronte e nelle guance. La duchessa, il duca ed i circostanti tutti diedero segno di avere provato sommo contento; il carro riprese il cammino, e la vezzosa Dulcinea, passando, inchinò la testa dinanzi ai duchi e fece a Sancio una profonda riverenza.

Già venia per le poste l’alba lieta e ridente; i fiorellini nei campi spuntavano e germogliavano, e i liquidi cristalli dei fonti, collo scor-