Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/347

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capitolo xxxvi 337

presterà qualche disciplina o verga conveniente, ed io mi batterò con esse, a condizione però che non ne abbia a sentire troppo dolore; perchè sappia che quantunque io sia nato in villa, ho le carni morbide come la bambagia, nè sono fatte di giunco marino; e poi non sarà mai conveniente che io faccia male a me per fare bene ad altri. — Alla buon’ora, rispose la duchessa, vi darò dimani una disciplina che metterà la cosa ai termini di giustizia, e si adatterà alla tenerezza delle vostre carni, come se fossero proprie sorelle„. Soggiunse Sancio: — Sappia, vostra altezza signora mia cara, che io ho scritto una lettera a mia moglie Teresa Panza con la quale la rendo consapevole di tutto quello che mi è successo da quando la ho lasciata; e l’ho qua in seno che altro non vi manca che di farle la soprascritta: ora bramerei che la vostra discrezione la leggesse, perchè mi pare che sia alla governatoresca, e voglio dire come debbono scrivere i governatori. — E chi ne fece la dettatura? dimandò la duchessa. — E chi dee averla dettata altri che io, povero peccatore? rispose Sancio. — La scriveste voi di vostro pugno? disse la duchessa. — Come diamine può vostra altezza supporlo? rispose Sancio; sa bene che io non so nè legger nè scrivere, e non so altro che sottoscrivere e mettere la firma. — Vediamo, soggiunse la duchessa, questa lettera perchè scommetterei che voi spiegherete nella medesima la qualità e sufficenza del vostro ingegno„. Sancio cavò fuori del seno una lettera non sigillata, e leggendola la duchessa trovò ch’era concepita nei seguenti termini:

a teresa panza sua moglie.

“Se buone frustate mi davano, io me ne stava bravamente a cavallo; se buon governo io tengo, buone frustate mi costa. Questa cosa