Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/425

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capitolo xlvi 415


“Alle fanciulle dabbene e desiderose di ben collocarsi l’onestà, e le lodi meritate sono in luogo di buona dote.

“I cavalieri erranti e quelli che vivono alle corti amoreggiano le men riservate, ma sposano poi solamente le oneste.

“V’ha certi amori che nascono col sole e muoiono con quello; tali sono quelli d’ospite ad ospite.

“L’amore che oggi nasce e dimani se ne va non lascia nell’anima profonda traccia di sè.

“Non può ben vedersi un dipinto sopra un altro dipinto: dove già sia una prima bellezza, la nuova arrivata non vince la prova.

“Sulla tavola rasa della mia anima io porto dipinta Dulcinea del Toboso di tal maniera che non sarà mai possibile cancellarla.

“Negli amanti la più notabile qualità è la costanza; e per lei l’amore opera prodigi, e gl’innamorati conseguono la felicità.

A questo passo terminò don Chisciotte il suo canto, ch’era ascoltato dal duca, dalla duchessa, da Altisidora e da pressochè tutta la gente del castello, quando d’improvviso dalla cima del corridoio che rispondeva a piombo sulla inferriata di don Chisciotte, fu calata una funicella cui erano legati più di cento campanacci, e nel momento stesso si aperse un gran sacco di gatti che portavano altri campanacci più piccoli legati alle loro code. Fu sì grande il fracasso dei campanacci e il miagolare dei gatti, che quantunque la burla fosse fatta per invenzione dei duchi, non pertanto ne furono eglino stessi impauriti, e ne restò spaventato affatto il povero don Chisciotte. Volle la sorte che due o tre gatti penetrassero dalla inferriata nella sua camera, e di qua e di là balzando pareva ch’entrata vi fosse una legione di diavoli. Rovesciarono spente le candele che stavano nella camera, e andavano cercando per dove scappare; e intanto il tirarsi su e giù della funicella cui stavano attaccati campanacci non cessava mai; e la più parte della gente del castello che non sapeva la verità della cosa, stava tutta in confusione. Rizzossi allora don Chisciotte, ed impugnata la spada, cominciò a tirare stoccate contra la inferriata ed a sclamare: — Fuori, maligni incantatori, fuori, canaglia, stregonesca, che io sono don Chisciotte della Mancia contro cui nè valgono nè hanno forza le vostre malnate invenzioni:" e voltosi ai gatti che balzavano per la camera, tirava loro molte stoccate. Essi presero la via della inferriata e per quella parte fuggirono, ma uno troppo incalzato dalle percosse di don Chiciotte, gli si lanciò al viso e gli strinse le góte e il naso colle ugne e coi denti, in modo che straziato e addolorato diede le più forti strida che potesse mai. Ciò udito dai duchi, e considerando quello che poteva essere volarono subito alla sua