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chè la signoria vostra, signor governatore, decida ciò che si dee fare di questi uomini. — Ecco quello che si deve fare, disse Sancio: voi che avete vinto, siate pure di buona o di cattiva fede, o indifferente, pagate subito a questo vostro avversario cento reali, e di più vi condanno a sborsarne trenta a vantaggio dei poveri che stanno in carcere; e voi che non avete arte nè parte, e andate a zonzo per quest’isola, siate bandito e per tutto dimani fate di andarne fuori senza potere più tornare per dieci anni, sotto pena che se rompete il confine abbiate da finirla all’altra vita; perchè io vi farò mettere alla berlina, e poi vi consegnerò al boia io medesimo: e nessuno zittisca, altramente saprò punirlo col rigore delle leggi.

L’uno contò il danaro, l’altro lo ricevette; parti questi dell’isola, tornossi quello a casa sua, e il governatore restò quivi dicendo: — O io non ho facoltà, o se la ho, voglio distrutte queste case di giuoco, le quali, per quanto vado conoscendo, sono assai pregiudicevoli. — Quella però in cui furono questi galantuomini, disse allora un notaio, non potrà farla dimettere, mentre n’è proprietario un gran signore, ed è senza paragone molto più quello ch’egli perde in capo all’anno che quello ch’egli guadagna. Vossignoria potrà mostrare la sua autorità contro i perdigiorno di vile razza plebea, ch’è quella che fa maggior danno ed è più scostumata, ma non contro le persone di grado distinto fra cui i famosi mariuoli non osano di mettere in campo le loro trame. E poichè il