Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/523

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capitolo lvii 513

io non sono stato mai ladro, o signor duca, e non lo sarò mai finchè avrò vita e Iddio mi proteggerà. Questa vostra donzella tiene il linguaggio delle innamorate, ma questo non può tornare a carico mio: nè mi credo io in dovere di far atti di scusa nè con lei, nè con la signoria vostra, che supplico a tenermi in migliore concetto ed a rinnovarmi la permissione ch’io possa adesso seguitare la mia strada. — Sì, sì, ve la diamo di cuore, disse la duchessa: Iddio vi accompagni, o signor don Chisciotte, e faccia che abbiamo sempre buone nuove delle vostre imprese: andate pure, poichè quanto più indugiaste, tanto più si accenderebbe il fuoco nei petti delle donzelle che vi tengono gli occhi addosso; e quanto ad Altisidora, le darò io quel castigo che servirà a renderla più circospetta e premurosa del suo decoro, senza più abusare nè degli occhi, nè delle parole. — Una grazia ancora e non più, o valoroso signor don Chisciotte, disse allora Altisidora, e la grazia si è, ch’ella voglia perdonarmi il latrocinio che le imputai delle mie legacce; perchè in coscienza mia che le ho sulle gambe, e non me n’era accorta, ed io era come colui che stando a cavallo sull’asino, lo cercava. — Non aveva detto io, soggiunse Sancio: andate là ch’io era quello da proteggere furti! io che se avessi voluto farne m’era venuta l’occasione come dipinta quando ero governatore!„ Don Chisciotte abbassò la testa, fece riverenza ai duchi ed a tutti i circostanti, e volta la briglia a Ronzinante, seguitato da Sancio già montato sull’asino, uscì dal castello, indirizzando il suo viaggio alla volta di Saragozza.

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