Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/567

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capitolo lxii 557

stare delle sue amene e singolari pazzie. Alcune vennero in fatto, e vi ebbe splendidissima cena, a cui tenne dietro una danza cominciata verso le dieci della notte. Tra le dame n’erano due di umore furbesco e burlone: e tuttochè onestissime, si mostrarono sfacciatelle alquanto con lasciar luogo a burle che tenevano rallegrata la società. Ebbero tanta premura nell’impegnare don Chisciotte al ballo, che non solo nel corpo, ma lo macinarono sino nell’anima. Era curiosa cosa a vedere la figura di don Chisciotte, lungo, disteso, magro, giallo, stretto nel vestito, sgraziato, niente affetto lesto, e le damigelle che quasi furtivamente gli stavano dicendo amorosi detti, ed egli pure che di nascosto faceva loro mal viso. Udendosi egli caricare d’infinite affettuose espressioni, alzò finalmente la voce, e disse: — Fugite partes adversæ, lasciatemi la mia quiete, malvenuti pensieri, e voi altre, o signore, desistete dai vostri desiderii, perchè la regina dei miei, la senza pari Dulcinea del Toboso non acconsente che io sia di altre vassallo e schiavo.„ Ed in ciò dire si pose a sedere sulla terra in mezzo alla sala, stracco morto a cagione del soverchio ballare. Ordinò don Antonio che lo portassero di peso sul letto, ed il primo che gli mettesse le mani addosso fu Sancio, dicendogli: — Sia maledetta l’ora in cui,