Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/633

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capitolo lxxi 623

a servirti nei giorni tutti che ci donerà il cielo di vita! Se torna Dulcinea al primiero suo essere (chè non è possibile che non torni) fortuna si potrà dire la sua disgrazia, felicissima e trionfante la mia passata sconfitta. Ora pensa tu quand’è che vuoi dare principio alla disciplina; chè io per abbreviarne il termine ti aggiungo dieci reali. — Quando? disse Sancio: in questa notte senza alcun fallo; e procuri vossignoria che ci troviamo in compagnia a cielo aperto, che io diserterò queste mie povere carni.„

Giunse la notte attesa da don Chisciotte colla maggiore ansietà, sembrandogli che le ruote del carro di Apollo si fossero fracassate e che si allungasse il giorno oltre l’usato; al modo appunto che accade agli innamorati, i quali non aggiustano mai la partita dei loro desiderii. Penetrarono finalmente in un albereto poco distante dalla strada maestra, dove lasciando vôta la sella e la bardella di Ronzinante e del leardo, si coricarono sulla verde erba, e cenarono della provvisione che seco portava Sancio; il quale, facendo del capestro e della cavezza del leardo una forte e pieghevole disciplina, si scostò dal suo padrone intorno a venti passi, e andò presso ad alcuni faggi. Don Chisciotte, che lo vide andare con animo risoluto ed ardito, gli disse: — Bada, amico, di non maltrattarti soverchiamente: lascia tempo tra una frustata e l’altra, nè accelerarne troppo il corso, affinchè sul bel mezzo non ti venga a mancare il fiato; e voglio dire che le frustate non sieno tanto terribili che ti abbia a mancare la vita prima che si compia il numero stabilito: ma perchè tu non pecchi nel troppo, nè nel troppo poco, io starò qua in un canto, e conterò con questa corona le frustate che ti darai: ed ora il cielo ti secondi conformemente al merito della tua buona intenzione. — Al buon pagatore non gli dolgono i pegni, disse Sancio, ed io penso di disciplinarmi in maniera da sentire il dolore, ma senza ammazzarmi; chè in questo appunto deve consistere la sostanza del miracolo.„ Si spogliò dalla cintola all’insù, e acchiappata la funicella, cominciò a flagellarsi, e don Chisciotte a noverare le frustate. Doveva aversene date Sancio intorno a sei o otto, che gli parve troppo brutto il giuoco e troppo vile il prezzo, e fermandosi un poco, disse al padrone, che protestava di essersi ingannato, perchè ognuna di quelle frustate meritava mezzo reale, e non un solo quartuccio. — Tira pure innanzi, Sancio mio, non perderti di animo, gli rispose don Chisciotte, che raddoppierò la posta. — Se così è, disse Sancio, piovano le frustate;„ ma il volpone in vece di battersi le spalle, andava battendo gli alberi, e mandava di quando in quando certi gemiti sì lunghi che ad ognuno di essi pareva che l’anima dovesse scappargli fuori. Don Chisciotte, ch’era