Pagina:Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes.djvu/152

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Quando il servo, a un cenno del suo capo, uscì dalla sala, ella strappò la busta e lesse rapidamente le poche righe scritte sul foglio.

Ma, man mano ella leggeva, una tristezza sempre più viva le si dipingeva nel viso.

Quella carta diceva così:


Mia adorata,

Uno dei casi più impreveduti mi ha obbligato e mi obbligherà forse per qualche ora al Circolo. Io sono desolato di averti fatto attendere fino a quest’ora e di doverti pregare di rinunciare a una festa a cui tenevi tanto.

Ma la tua bontà troverà certo per me una parola di giustificazione.

Intanto, perchè tu possa essere in qualche modo compensata del grave sacrificio, ti offro questo piccolo vezzo.

Accettalo ed ama il tuo

Giorgio.”


Amarlo? Oh! Ella lo ama davvero il suo Giorgio.

Ma era lui, lui solo che non sapeva apprezzare quel tesoro d’affetto. Forse ch’ella non lo imaginava il perchè di quell’assenza, di quel ritardo, di quella mancata promessa? Che cosa mai poteva essere quel caso impreveduto, e non specificato? Ah! Nulla, proprio nulla di serio!

Forse era una discussione vivace e piacevole, forse il giuoco, forse una cena progettata fra amici, forse una causa ancora più futile.

Ed egli aveva avuto il coraggio, per così poco, di farla attendere due ore, in veste da ballo, nella solitudine del suo salotto, pieno dei beati ricordi di un amore ohimè! passato per sempre: di rubarle la piccola e innocente felicità di quel ballo quasi di famiglia, la felicità di apparire bella, fresca, tutto, tutto per lui, per meritare solamente il suo orgoglio e il suo amore.

Ella prese nella mano l’astuccio di velluto e ne cavò il piccolo gioiello. Oh! quel gioiello era una