Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/170

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Ma due sere dopo le fanciulle si fermarono nuovamente davanti alla capanna.

— Ti ha più scritto?... — chiese con aria di mistero Teresa.

— Sì, un'altra lettera, — rispose Innocenza fissandola; e la cavò dal seno.

— Vuoi farcela leggere? — disse Rosina.

Innocenza uscì sull'argine, e, a bassa voce, al lume della luna, circondata dalle fanciulle che curvavano sulla carta le teste bionde, incominciò la lettura, con enfasi contenuta, sottolineando le frasi più dolci, abbassando la voce trucemente sulle più cupe, commovendosi sinceramente alle più patetiche.

Sopraggiunse Tarquinia, la sorella di Teresa, ed anch'ella si unì al crocchio ed ascoltò. La sera dopo vennero anche Caterina e Gigetta, le gemelle che abitavano verso Cernedo, e poi anche Giovanna, sorellastra di Pasqua, col suo fratellino.

E tutte ascoltarono. I saltimbanchi se n'erano andati; il crocchio si faceva ogni sera più numeroso.

— Ormai credono, — disse fra sè Innocenza; e si guardò allo specchio.

Del resto, perchè non poteva esser vero?... Ella si ricordò che in convento nell'ultima recita di carnevale aveva sostenuto la parte di Duchessa Ildegonda.

— Tre principi mi volevano sposare... — mormorò ella.

E suor Agata, provandole il vestito di seta azzurra a festoni d'oro, non le aveva detto: Sembri una vera duchessa?...