Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/219

Da Wikisource.

— Buona sera, Everardo, come va?

Ella era tanto bella, d'una bellezza così luminosa e viva nel semplice vestito di panno cupo, colla volpe bianca al collo, che il vecchio scapolo rimase per un attimo estatico a guardarla, poi le baciò galantemente la piccola mano.

— Permettete, nonna?

— Sì, sì, va subito, — rispose la marchesa Ottavia, — altrimenti non riesci a rincasare per le sette.

Il barone e la marchesa la seguirono cogli occhi in silenzio mentre si allontanava.

Alta, snella, con una figura scultoria, grandi occhi chiari pieni di luce e d'espressione, pareva portare la vita e la gioia, pareva creata per l'amore e per il dominio.

— Scusate, Ottavia.... fra i partiti che ha avuto finora Valeria, nessuno di conveniente?

La marchesa Ottavia sospirò.

— Eh, sì, purtroppo, amico mio. Non ne ho mai parlato neppure a voi, tanto me ne duole. Alcuni molto convenienti, l'ultimo, splendido addirittura.

— E perchè non accettarlo?

— Valeria non ha voluto saperne. Si trattava, — e qui la marchesa abbassò la voce, — si trattava del principe Ruffo, lo conoscete? Bel giovane, ricchissimo, figlio unico, di nobiltà purissima ed antica, e nondimeno....

— Ma perchè?

— Per nulla. Valeria dice che non pensa per ora al matrimono, dice che vuol prima godere