Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/239

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mani prima di giungere a strappare la fronda d'alloro? Quante volte era scivolato e aveva creduto di non più rialzarsi prima di lasciare per sempre la palude da cui veniva?... Egli solo sapeva; e avrebbe voluto dimenticarlo.

Era arrivato, era libero, era giunto alla vetta: aveva collocato sè stesso al posto dei vincitori. Ma in fondo all'anima?

In fondo all'anima egli era un vinto; dominato e stretto tuttora con artiglio feroce dal suo passato: reso crudele dai ricordi, indifferente e scettico dall'esperienza; raffinato e cinico da anni di disordinata vita vagabonda, schiavo, che trascinava al suo piede una catena da cui non avrebbe potuto mai più liberarsi: la lassitudine delle troppe battaglie.... La sua vittoria non celava che rovine.

Egli aveva raccontato a Valeria parte della sua storia — parte — anche l'episodio delle cento lire, fino al primo suo collocamento nello studio d'un pittore ungherese, dove la sua attitudine per l' arte aveva cominciato a delinearsi.

Ed ella aveva ascoltato avidamente ciò che Fausto aveva voluto narrarle, ed ogni parola di lui si era impressa a caratteri di fuoco nel suo cuore. Per il suo dolore, per la sua povertà, per le sue lotte, per la vittoria strappata a prezzo di lagrime non piante, per la sua diversità dagli altri uomini, ella lo amava. Perdutamente.... Anch'ella era un'anima irrequieta.... Anch'ella nella sua infanzia, fra un padre indifferente e una madre malata e vagabonda,