Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/273

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I delicati trafori delle bifore, le balaustre adorne di animali strani e misteriosi, le colonne incrostate di preziosi marmi, d'un balzo le si appressarono. E, sulla più grande terrazza a specchio del fiume, ella potè discernere nettamente una figura a lei ben nota avvolta in un rosso mantello. Era il giovane re che prendeva il fresco. Due schiavi neri agitavano presso a lui gli enormi ventagli di piume variopinte, nessun occhio indiscreto turbava la regale siesta mattutina.

Ma... che aveva mai il giovane re sulla testa?... Che cosa gli deturpava le gote?...

Per poco Biancofiore non perdette l'equilibrio sotto la violenza del colpo. Il bel re, sospiro di tutte le fanciulle di Babilonia, il giglio aulente, il fiore di loto, il vaso di delizie, aveva attorto i suoi lunghi capelli intorno a innumerevoli papillotes, ed anche la sua barba, la sua serica barba, orgoglio dell'Assiria, aveva subìto il medesimo trattamento!...

Dopo il primo momento di sorpresa, Biancofiore fu presa da una tale ilarità da non poter più frenarsi. Rideva, rideva e rideva.... Curva sul collo del cavallo, cogli occhi umidi, la bella bocca rossa che scopriva due file di perle, ella rideva, rideva, rideva.... irrefrenabilmente... E la sua ilarità si era comunicata ad Elmìr, ai muti uomini di scorta, perfino ai cavalli, che si erano fermati, e scuotevano la criniera e la coda, e non ne potevano più. Infine la fanciulla fra una risata e l'altra ebbe la forza di mormorare ad Elmìr: