Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/321

Da Wikisource.

anche nelle più gravi vicende della vita.

Adelaide, all'altro capo della tavola, non s'era accorta di nulla.

Senza conoscer quasi nessuno, aveva passato il tempo della colazione mangiando pochissimo, ammirando tutto e tutti, divertita e sorpresa ad un tempo come ad un cinematografo vivente. Quel chiasso, quell'allegria, quel movimento, l'inebriavano e la stordivano come un vino troppo forte. Ma quello che la colpiva maggiormente era l'eleganza e la varietà delle tollettes femminili.

Il suo occhio, avvezzo alle quasi incorporee imagini monacali e alle figure piatte di Dorotea e d'Alice, si soffermava rapito sulla triplice salva di volants che ornava la mantellina della sindachessa e sul cappello a due scompartimenti della sorella dello sposo.

Quasi di fronte a lei la signora Cleofe Marchesetti sfoggiava sulla toque un grappolo d'uva così ben imitato che pareva vero, e la signora Dorina Dorini, unica rappresentante della nobiltà castelluzzese, un gigantesco fisciù di merletto a stelle.

Alcune ragazze, con un vitino inverosimile e molti ricciolini schierati sulla fronte, sorridevano colla bocca stretta.

Differiva da tutte quelle eleganti Ermelinda Barrai, la figliola del Sindaco, più semplice, più spontanea, con un nastro di velluto nero nei capelli biondissimi.

Anche il suo fidanzato, il dottore di Ripamonte,