Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/98

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lungo il mare dalle spume d'argento.... Ora forse sul luogo stesso dove suo padre e sua madre avevano cacciato l'ultimo urlo, una palazzina sorgeva, cinta di rose, abitata da gente felice.... forse un bar, un teatro, dove la sera si rideva, si ballava, e si cantavano canzonette napoletane....

Ah, se era una viltà aver abbandonata la patria, così misera, così perduta, quale castigo, non ritornare, non sapere, non vedere mai, com'era, com'era risorta, non poter con essa rinascere e dimenticare!... Non sentire mai più gli effluvi degli aranceti, non aspettare più le barche cariche di pesce approdanti al porto verso sera come stanche farfalle!... non ascoltare più le canzoni dei marinai seduti in semicerchio, colla testa volta verso il rosso tramonto!...

Ah, perchè, perchè, erano essi venuti?... Il suo male era sopito: essi l'avevano risvegliato, ed ora non poteva più guarire, non gli restava che morire!... Perchè erano venuti?... Come ora vivere? come dimenticare?...

«Se torni....», gli avevano scritto. — Se torni! — Come tornare? Egli non aveva denaro, e la nonna era povera, non si sarebbe commossa alle sue preghiere, non avrebbe capito il suo atroce soffrire. Per lei l'Italia era pur sempre la nemica, l'infida, che due volte le aveva rapito il figliolo.

Come tornare?... Il biglietto non costava molto, il viaggio non era tanto lungo,....un viaggio verso paesi caldi, per cui non era neppur