Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/95

Da Wikisource.

81


— Mi arrestate! esclamò Cornelio; ma cosa ho dunque fatto?

— Ciò a me non spetta, o dottore; ve la intenderete coi vostri giudici.

— E dove?

— All’Aya.

Cornelio stupefatto abbracciò la sua vecchia balia, che sveniva, diede la mano ai suoi servitori che struggevansi in lacrime, e seguì il cancelliere che chiuselo in una vettura come un prigioniero di stato e fecelo tradurre di gran galoppo all’Aya.


VIII


La Camera di famiglia.


Tutto ciò che è accaduto, era, come ognuno se lo indovina, l’opera diabolica d’Isacco Boxtel.

Ci si rammenti che con l’aiuto del suo cannocchiale, non avea perduto la minima cosa dell’abboccamento di Cornelio de Witt e il suo battezzato.

Ci si rammenti che non avea inteso nulla, ma che avea visto tutto.

Ci si rammenti, ch’egli aveva indovinato l’importanza di quelle carte confidate dal ruward di Pulten al suo figlioccio, vedendo quest’ultimo chiudere accuratamente l’involto a lui rimesso nella cassetta, dove serrava le sue cipollette le più preziose.

Ne resultò che, allorquando Boxtel, che seguiva la politica con un poco più di attenzione del suo vicino Cornelio, seppe che Cornelio de Witt era stato arrestato come colpevole di alto tradimento verso gli