Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/139

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Terza. Che, essendo levato il cavare le fatture dal corpo delle monete, ne risulterebbe molto danno ad alcuni principi e repubbliche, a’ quali alle volte dalli zecchieri vien pagato un certo annuo censo per poter fare la zecca, ovvero alle volte ancora vien data loro una certa ricognizione di un tanto per libbra di oro o di argento posti in zecca per monetarli; e cosi, per alcuna delle dette cause o simili, potrebbe essere che un qualche potente principe o repubblica non condiscenderebbe con gli altri: onde per tal disunione non si verrebbe mai a conclusione alcuna di fare la zecca universale. —

E, finite che ebbero le suddette loro proposizioni, vi considerai alquanto sopra, e poi entrai in campo con questi miei famigliari ragionamenti:

— Amorevoli miei compatrioti e compagni, veramente voi siete in grande errore, e voglio che abbiate un poco di pazienza, se in questo mio discorsetto io dicessi alcune cose che paressero alquanto contrarie al gusto vostro. Non sapete voi che per proverbio dire si suole che «la cosa ignorata vien quasi sempre dispreggiata» ? Benché in ciò di voi non me ne faccio troppo maraviglia; perciocché vi sono stati alcuni, anche essi di spirito elevato, che hanno fatto professione di intendersi di molte cose, ed in particolare di quelle che al governo del mondo si appartengono: nondimeno delle cose delle monete confessarono ed hanno detto che non dava loro l’animo di saperne ragionare, per tanta varietá che si trovava tra esse. Ma a me poco importa: sebben vi trovate impresse nella mente vostra tali opinioni fantastiche, ora state ad udire, che mi dá l’animo, al favore della divina grazia, di levarvele.

Primieramente voglio che avvertiate che fa di bisogno intendere la causa perché fosse introdotto l’uso de’ danari, e poi a spese di cui dovessero di ragione essere fatti; ed, essendo fatti, se sia di necessitá che di tempo in tempo per diverse cause siano quasi tutti rifatti, annichilando contro ogni dovere le memorie di que’ re, principi e repubbliche, sotto l’autoritá de’ quali la prima volta siano stati coniati; ed, essendo fatti o rifatti, se debbano essere spesi per i sopravalori che ad essi nelle proprie zecche siano stati costituiti, dando danno ora a questo ed ora a quell’altro particolare, ed anche molte volte ad alcuni popoli, a’ quali siano trasportati da diverse persone per spenderli sotto certi titoli di valori, che a certe sorta di monete vengono alle volte attribuiti.

Economisti del Cinque e Seicento. 9