Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/373

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a mandarne indietro a baratto d’argento; e cosi da un disordine ne moltiplicano cento, con lo sconvolgimento di tutto il commercio, danno del principe e strida de’ popoli.

Che fará, in questo stato di cose, quel principe? Se vuol ridurre alla primiera valuta le monete, quando non sia in principio del disordine, trova difficilissimo il ripiego. Tutti i ricchi, e gli stessi suoi consiglieri e magistrati talora, che si trovano aver 4 lire di piú ogni 100 che avevano in cassa, sono di parere che non si faccia quella riduzione od abbassamento di monete, perché concepiscono la perdita di que’ quattro per 100 del proprio contante. Chi ha preso in prestito, per esempio, 6000 lire di quel paese da un altro, e l’ha ricevute in tante monete allorché valevano piú, deve aggiungervi 4 per 100 delle stesse monete nel farne la restituzione, per far la stessa valuta di 6000 lire, e si duole di quelle 240 lire ch’ei ci perde. Chi paga pigioni, livelli, affittanze, stride altamente, perché deve pagar tante monete di piú, a compimento de’ suoi debiti, di quello prima faceva; e chi vuol redimer censi o francar livelli, non può senza estreme doglianze soffrire di dover restituire piú di quello ne ha ricevuto. Che se per sorte il principe volesse ripigliarsi quella moneta inferiore e restituirla di nuovo alla prima proporzione e valuta, farebbe un atto di giustizia col restituire quel guadagno che avesse fatto nelle prime; e forse la spesa, che ora ci volesse, non gli sarebbe inutile, liberandosi in tal modo dal pregiudizio che ne averebbono ricevuto in perpetuo le sue rendite. Ma sono rari gli esempi di cotali risoluzioni; e non restarebbono per ciò di dolersi quelli che avessero riposto l’altre monete, e d’oro particolarmente, che sarebbono cresciute di prezzo e che ora con loro danno ad essi parerebbe che s’abbassassero. In somma il piú facile e pratico modo, che si trovi in tali congiunture, fu sempre lo stabilirle per sempre al corso presente o ritirarle a basso solo poca parte dell’accrescimento che hanno fatto, e proporzionarle con migliore analogia di prima alla piazza matrice dell’altre zecche, eh* è Genova. Ed ecco che per necessitá crescono sempre mai, o poco ponno scemare; ch’era l’assunto di questo capitolo. Nel quale