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come il principe Torlonia vi era necessità in Italia, per cooperare all’opera della grandezza materiale del paese, e seppe inspirargli quella fiducia nella propria lealtà d’intendimenti, nella propria forza, che ispirava a quanti lo avvicinavano.

Anche Garibaldi, dopo la visita al palazzo delle Finanze, andò dal principe Torlonia, che lo riceve con piacere, usandogli tutti i riguardi e facendolo entrare in una sala terrena par risparmiargli le scale. Il generale gli espose il grandioso disegno dei lavori del Tevere e del risanamento della campagna, al quale don Alessandro fece plauso, vedendo con piacere che gli uomini d’azione, cessata la necessità delle lotte cruente, si dedicavano all’opera filantropica di render l’Italia alla vera grandezza cui debbono aspirare le nazioni civili.

Il principe restituì, dopo poco volger di tempo, la visita a Garibaldi alla villa Severini, e i rapporti fra il primo difensore di Roma e il più grande fra i patrizi romani rimasero cordialissimi.

Garibaldi, dopo poco, andò ad abitare nella villa Casalini verso sant’Agnese, una villa comoda, circondata da un bel giardino, e con un quartiere per il generale tutto al pianterreno, dal quale godeva la vista della campagna con le sue linee larghe, solenni e calme. Il Municipio avevala posta a sua disposizione, ed egli avrebbe potuto godervi di una pace benefica, se non fosse stato assediato dai progettisti, che sapendolo infervorato da una grande idea, non gli avessero fatto ressa intorno per aggrapparsi al nome di lui e al prestigio di cui godeva.

Nella prima metà di febbraio comparve nella Gazzetta Ufficiale il seguente decreto che portava la firma di Vittorio Emanuele:

«Volendo che sia serbata memoria del felice prosciugamento del lago di Fucino, compiutosi durante il Nostro Regno, e nello stesso tempo volendo Noi attestare che quest’opera, desiderio di molti secoli, ed invano tentata da imperatori romani ed altri sovrani di tempi posteriori, devesi alla ferma volontà e alle cure del principe Alessandro Torlonia di Roma;

« Considerando quanto vantaggio apportino alle nazioni i lavori di bonificamento e di grande cultura intrapresi dal principe Torlonia nel prelodato bacino del Fucino ormai tramutato in territorio ferace a beneficio delle popolazioni circostanti e con utile delle nostre finanze;

« Sentito il Consiglio dei ministri; «Sulla proposta del Nostro ministro segretario di Stato pei lavori pubblici; «Abbiamo decretato e decretiamo:

«A cura del Nostro Governo sarà fatta coniare una medaglia a memoria del prosciugamento del lago di Fucino, opera compiuta da un italiano e di eminente vantaggio pubblico.

«Un esemplare in oro di detta medaglia decretiamo sarà presentato a Noi, ed altro sarà dato, in un col presente decreto, al principe Alessandro Torlonia, in attestato di pubblica benemerenza.

«Il Nostro ministro segretario di Stato pei lavori pubblici è incaricato della esecuzione del presente decreto»


A Roma, il decreto, preceduto dalle visite al Quirinale e alla villa Severini, produsse un grande effetto. I liberali gioirono, i papisti furono assaliti da un’ira immensa, che sfogarono nei giornali clericali.

Dopo la morte di monsignor De Merode, il partito del Vaticano era divenuto meno aggressivo, non sentendosi più aizzato alla pugna del battagliero ultramontano, ma in quella occasione i combattenti intinsero di nuovo la penna nel fiele e si scagliarono contro il principe Torlonia. L’Osservatore Cattolico di Milano fu il più violento, e a quel giornale rispose don Alessandro, facendo inserire la sua lettera nell’Opinione. Quella lettera parmi utile sia riportata qui, come nobile protesta contro le pressioni che si tentava di fare anche sugli animi dei più forti.