Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/20

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«Ora, Beatissimo Padre, la condizione d’animo delle popolazioni dalla Santità Vostra governate, e la presenza fra loro di truppe straniere, venute con diversi intendimenti, da luoghi diversi, sono fomite di agitazioni e di pericoli a tutti evidenti. Il caso o l’effervescenza delle passioni possono condurre a violenze e ad una effusione di sangue, che è mio e Vostro dovere. Santo Padre, di evitare e di impedire.

«Io veggo la indeclinabile necessità per la sicurezza dell’Italia e della Santa Sede, che le mie truppe, già poste a guardia dei confini, s’inoltrino ad occupare quelle posizioni, che saranno indispensabili per la sicurezza di Vostra Santità e pel mantenimento dell’ordine.

«La Santità vostra non vorrà vedere in questo provvedimento di precauzione un atto ostile.

«Il mio Governo e le mie forze si ristringeranno assolutamente ad un’azione conservatrice e tutelare del diritto facilmente conciliabile delle popolazioni romane coll’inviolabilità del Sommo Pontefice e della sua spirituale autorità, e colla indipendenza della Santa Sede.

«Se Vostra Santità, come non ne dubito, e come il suo sacro carattere e la benignità dell’animo suo mi dà diritto a sperare, è inspirata da un desiderio eguale al mio, di evitare ogni conflitto e sfuggire il pericolo di una violenza, potrà prendere col conte Ponza di San Martino, che recherà questa lettera e che è munito di istruzioni opportune del mio Governo, quei concerti che meglio si giudichino conducenti all’intento desiderato.

«Mi permetta la Santità Vostra di sperare ancora che il momento attuale, così solenne per l’Italia, come per la Chiesa e per il Papato, aggiunga efficacia a quegli spiriti di benevolenza che non si poterono mai estinguere nell’animo Vostro verso questa terra, che è pure Vostra patria, e a quei sentimenti di conciliazione, che mi studiai sempre con instancabile perseveranza tradurre in atto, perchè soddisfacendo alle aspirazioni nazionali, il Capo della Cattolicità circondato dalla devozione delle popolazioni italiane, conservasse sulle sponde del Tevere una Sede gloriosa e indipendente da ogni umana Sovranità.

«La Santità Vostra, liberando Roma da truppe straniere, togliendola al pericolo continuo di essere il campo di battaglia dei partiti sovversivi, avrà dato compimento all’opera meravigliosa, restituita la pace alla Chiesa e mostrato all’Europa, spaventata dagli orrori della guerra, come si possano vincere grandi battaglie ed ottenere vittorie immortali con un atto di giustizia, e con una sola parola di affetto.

«Prego Vostra Beatitudine di volermi impartire la Sua apostolica benedizione, e riprotesto alla Santità Vostra i sentimenti del mio profondo rispetto.

«Firenze, 3 Settembre 1870.

«Di Vostra Santità


«Umil.mo, Obb.mo e Dev.mo Figlio
 «vittorio emanuele»



La sera prima dell’arrivo del conte di San Martino, e precisamente nella notte dal 7 all’8 settembre, fu tenuto un consiglio di generali alla presenza di Pio IX. Quella volta le idee del De Merode, arrabbiato nemico dell’Italia, prevalsero su quelle di Antonelli, e della maggioranza dei Cardinali, che si opponevano alla resistenza, e fu deciso di difendersi. Così la mattina dopo furono collocati due cannoni al Pincio, tre sotto gli archi della ferrovia, verso San Lorenzo, sei al Vaticano, e l’Aventino fu rinforzato.

Ma Pio IX non voleva mostrarsi impensierito; il 7 passeggiava a piedi pel Corso, accordava le solite udienze e non si fece pregare per ricevere il conte di San Martino, col quale lui e Antonelli si mostrarono affabilissimi, forse per indorargli la pillola del rifiuto.