Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/443

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da piazza del Popolo a Ponte Molle, che fu inaugurato dal Re. Il Municipio aveva concesso al Governo una parte del convento di Santa Maria degli Angeli alle Terme Diocleziane e sotto il bel porticato michelangiolesco e nelle sale superiori, il comm. Felice Barnabei, che già aveva il vanto di avere ordinato nella villa di papa Giulio le preziose memorie dell’antica Falerii, poteva riunire tutto quanto di notevole era venuto alla luce negli ultimi anni scavando in Roma e lavorando nell’alveo del Tevere. Cosi si videro nel Museo Nazionale delle Terme le pitture e gli stucchi della casa della Farnesina, statue, bassorilievi, monete, e tanti altri oggetti importanti non solo per l’arte, ma ancora per la storia.

A prefetto di Roma, dopo le dimissioni del marchese Gravina, era stato nominato il Calenda dei Tavani, uomo simpatico e colto, che seppe cattivarsi le simpatie della cittadinanza.

In autunno vennero a Roma sir Eveling Baring e il generale Grenfell, inviati dal Governo inglese per discutere sulla sfera d’influenza dell’Inghilterra e dell’Italia nei rispettivi possessi d’Africa. Il Presidente del Consiglio delegò per trattare con essi il generale Luchino dal Verme e il signor Silvestrelli, addetti al nuovo ufficio coloniale, annesso al ministero degli esteri, e del quale era capo il comm. Pisani-Dossi, il quale del Crispi godeva tutta la fiducia.

Le trattative andavano a gonfie vele e già pareva che i rappresentanti inglesi si fossero posti d’accordo con i nostri per l’eventuale occupazione italiana di Kassala, quando a un tratto sir Evelin Baring volle porre la clausola che noi dovessimo riconoscere i diritti degli egiziani e sgombrare la piazza a richiesta di essi, dopo la rioccupazione del Sudan.

Le trattative naturalmente furono rotte e a quella rottura non fu estraneo il Governo francese, che aveva protestato a Londra non volendo che l’Italia acquistasse in Africa una posizione così importante.

In quel tempo era governatore civile e militare della nostra Colonia Eritrea il general Gandolfi e aveva seco il colonnello Baratieri, che già vi era stato lungamente, e le cose parevano meglio avviate. Il Franchetti aveva avuto dal Governo la missione di tentare la colonizzazione di una parte dell’altipiano di Keren, e lo sgomento che negli anni precedenti incuteva negli italiani l’occupazione d’Africa si era molto attenuato.

A un martire delle missioni, al cardinal Massaia, morto l’anno precedente, pensavasi qui ad erigere un monumento. Già si era costituito un comitato. Dopo ottenuto il permesso dal Papa, la salma del missionario, che era stato cappellano di Vittorio Emanuele a Moncalieri, e dall’Africa, nel 1872, ancora gli scriveva, fu esumata dal Campo Verano, e trasportata a Frascati nel convento della Ruffinella.

Il Papa, nel concistoro del giugno, aveva creato cardinali monsignor Vincenzo Vannutelli, monsignor Sebastiano Galeati, arcivescovo di Ravenna, monsignor Gaspero Mermillod, e monsignor Dunajewski.

In autunno aveva ricevuto molti pellegrini stranieri ed eragli giunta la dolorosa notizia della morte del cardinal Pallotti.

Anche l’Italia aveva fatto altre perdite. A Roma era morto il marchese Emanuele d’Azeglio, già nostro ministro a Londra, eccellente diplomatico, devoto alla patria, e cultore intelligentissimo delle arti. In autunno morì pure a Roma il generale senatore Petitti, al quale surono resi solenni onori. In quel tempo giunse qui la dolorosa notizia della morte di Alfredo Baccarini, che aveva avuto tanta parte nelle faccende della città come deputato, ministro e consigliere municipale.

In ottobre il Papa, che aveva taciuto tutto l’anno, pronunziò una enciclica violenta, piena delle