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Durante le forzate vacanze parlamentari, sorse una discussione sulla politica ecclesiastica, suscitata dagli articoli di Raffaele de Cesare. Egli proponeva che il Governo approfittasse della tregua nella lotta fra il Vaticano e l’Italia, per inaugurare una politica ecclesiastica prudente, assennata, non giacobina, che lo avvicinasse meglio al Papato sotto il rapporto politico, alla Chiesa sotto quello religioso. Egli consigliava la rinunzia al placet e all’exequatur, il riconoscimento della personalità giuridica di quelle corporazioni religiose, risorte dopo la soppressione e che si occupano della istruzione, della beneficenza e delle missioni, la riforma dei seminari e la creazione del diritto ecclesiastico. Molti riconoscevano giuste le proposte del de Cesare, ma il Governo non fece nulla di quanto venivagli suggerito.

I quattro capi della opposizione: Zanardelli, Brin, di Rudinì e Cavallotti, facevano una guerra a oltranza a Crispi, coadiuvati dai giornali loro e dai partiti estremi; gli amici, in occasione del matrimonio della diletta figlia di lui col principe Franz di Linguaglossa, vollero dimostrargli la loro simpatia, e Giosuè Carducci espresse in magnifici versi alla sposa e il disprezzo per gli accusatori, e l’ammirazione per il Crispi.

Quei versi, che portavano come titolo X Gennaio, data del matrimonio, dicevano:

Ma non sotto la stridula
procella d’onte che non für più mai,
ma non sicana vergine,
tu la splendida fronte abbasserai.
 Pria che su rosea traccia
 amor ti chiami, innalza, o bella figlia,
 innalza al padre in faccia
 gli occhi sereni e le stellanti ciglia.
Ei nel dolce monile
de le tue braccia al bianco capo intorno
scordi il momento vile
e della patria il tenebroso giorno.
 Ne l’amoroso e pio folgoreggiare
 de gli occhi in lui levati
 l’ampio riso rivegga ei del suo mare
 Ne’di pieni di fati;
quando, novello Procida,
e più vero e maggiore, innanzi e indietro
arava ei l’onda sicula:
silenzio intorno, a lui su ’l capo il tetro
 de le borbonie scuri
 balenar ne i crepuscoli fiammanti;
 in cuore i dì futuri,
 Garibaldi e l’Italia: avanti, avanti!
O isola del sole,
o isola d’eroi madre, Sicilia,
fausta accogli la prole
di lui che la tirannica vigilia
 t’accorcio. Seco venga a’ lidi tuoi
 fe’ d’opre alte e leggiadre,
 o isola del sole, o tu d’eroi,
 Sicilia, antica madre.