Pagina:Eneide (Caro).djvu/178

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[820-844] libro iii. 137

820Scoprimmo, e non ben chiari, i monti in prima,
Poscia i liti d’Italia. Italia! Acate
Gridò primieramente; Italia! Italia!
Da ciascun legno ritornando, allegri
Tutti la salutammo. Allora Anchise
825Con una inghirlandata e piena tazza
In su la poppa alteramente assiso,
O del pelago, disse, e de la terra,
E de le tempestà numi possenti,
Spirate aure seconde, e vèr l’Ausonia
830De’ nostri legni agevolate il corso.
     Rinforzaronsi i venti; apparve il porto
Più da vicino; apparve al monte in cima
Di Pallade il delubro. Allor le vele
Calammo, e con le prore a terra demmo.
     835È di vèr l’Orïente un curvo seno
In guisa d’arco, a cui di corda in vece
Sta d’un lungo macigno un dorso avanti,
Ove spumoso il mar percuote e frange.
Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri,
840Che con due braccia il mar dentro accogliendo
Lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto
Lunge dal lito è ’l tempio. Ivi smontati,
Quattro destrier vie più che neve bianchi,
Che pascevano il campo, al primo incontro


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