Pagina:Eneide (Caro).djvu/230

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[970-994] libro iv. 189

970Del suo Sichèo (chè la sua propria in Tiro
Era cenere già). Cara nutrice,
Le disse, va’, mi chiama Anna mia suora,
E le di’ che solleciti, e che l’onda
Del fiume e l’ostie e i suffumigi adduca,
975E ciò ch’è d’uopo, come pria le dissi,
A prepararmi: chè finire intendo
Il sacrificio che a Plutone inferno
Solennemente ho di già fare impreso,
Per fine imporre a’ miei gravi martiri,
980E dar foco a la pira, ov’è l’imago
Di quell’empio Troiano. A tal precetto
Mossa la vecchiarella, a suo potere
Lentamente affrettossi ad esseguirlo.
     Dido nel suo pensiero immane e fiero
985Fieramente ostinata, in atto prima
Di paventosa, poi di sangue infetta
Le torve luci, di pallore il volto,
E tutta di color di morte aspersa,
Se n’entrò furïosa ove segreto
990Era il suo rogo a l’aura apparecchiato.
Sopra vi salse; e la dardania spada,
Ch’ebbe da lui non a tal uso in dono,
Distrinse: e rimirando i frigi arnesi
E ’l noto letto, poi ch’in sè raccolta


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