Pagina:Eneide (Caro).djvu/281

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210 l’eneide. [1145-1169]

1145E Xanto da’ cadaveri impedito
Sboccò ne’ campi, e deviò dal mare.
Era quel giorno Enea d’Achille a fronte.
Nè dii nè forze avea ch’a lui del pari
Stessero incontro. Io fui che ne la nube
1150Allor l’ascosi; io che di man nèl trassi,
Quando più d’atterrar avea desio
Quelle mura odïose e disleali,
Che pur de le mie mani eran fattura.
Or ti conforta che vèr lui son io
1155Qual fui mai sempre, e, come agogni, il porto
Attingerà sicuramente; e ’l lago
Vedrà d’Averno, e de’ suoi tutti un solo
Gli mancherà. Sol un convien che pèra
Per condur gli altri suoi lieti e sicuri.
     1160Poichè di Citerea la mente queta
Ebbe de l’onde il padre, i suoi cavalli
Giunti insieme e frenati, a lente briglie
Sovra de l’alto suo ceruleo carro
Abbandonossi, e lievemente scórse
1165Per lo mar tutto. S’adeguaron l’onde,
Si dileguâr le nubi: ovunque apparve,
Tutto sgombrossi, del suo corso al suono,
Ch’avea di torbo il ciel, di gonfio il mare.
     Cingean Nettuno allor da la man destra


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